La pena di morte, un ferrovecchio della storia
di Marcello Buttazzo –
Pietà è morta. E la misericordia è agonizzante. Ernest Johnson, 61enne afroamericano affetto da gravi deficit intellettuali, che uccise tre dipendenti d’una stazione di servizio durante una rapina nel 1994, è stato condannato a morte, giustiziato con una iniezione letale nello stato americano del Missouri. Non sono serviti gli appelli alla clemenza rivolti da Papa Francesco all’inflessibile governatore repubblicano dello Stato Mike Parson. Non è servito che l’uomo condannato avesse le capacità intellettive d’un bambino. Evidentemente, in America, soprattutto i repubblicani continuano ad essere affezionati alla barbara e inumana pena capitale. Evidentemente, diversi politici Usa sono avvezzi a violare allegramente e impunemente l’ottavo emendamento della Costituzione, che proibisce di mandare al patibolo le persone mentalmente disabili. Eppure, tanti cittadini, a varie latitudini, continuano a ritenere che la pena di morte sia un medievale e immorale strumento di annientamento, nient’altro che un ferrovecchio della Storia, che, prima o poi, per la via diplomatica e della persuasione, verrà abolito in tutto il mondo.
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