di Antonio Bruno Ferro –

C’è stato il tempo delle privatizzazioni in cui alla guida della produzione di ricchezza del nostro paese una oligarchia finanziaria ha sostituito quella politica. Oggi quella oligarchia finanziaria non è più in grado di produrre ricchezza e lavoro.
Ma com’è accaduto?
Nel numero di Left in edicola possiamo leggere: «Nel giugno del 1992 il panfilo della famiglia reale inglese Britannia navigava lungo le coste italiane. A bordo, secondo una leggenda, si sarebbero incontrati i massimi esponenti dell’élite economica e finanziaria per discutere delle privatizzazioni nel nostro Paese. Non sappiamo quale rilievo abbia avuto il fatto specifico, ma è certo che in quegli anni, dopo che il ciclone giudiziario “mani pulite” travolse il nostro sistema politico, i governi Amato, Ciampi, Berlusconi, Prodi e D’Alema (solo per ricordare i più noti) trasformarono completamente i connotati dell’economia del nostro Paese.
È certo anche che Mario Draghi fu a bordo di quel panfilo e che, tra il 1991 e il 2001, da direttore generale del ministero del Tesoro e presidente del Comitato per le privatizzazioni, fu una figura chiave nello smantellamento dell’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale) e nelle privatizzazioni di aziende e banche quali Telecom, Autostrade, Eni, Enel, Bnl, Banca commerciale italiana e tante altre, fortemente volute da quei governi». [Andrea Ventura, “Mario Draghi, l’uomo del mercato a ogni costo” Left 1° novembre 2019 pag. 30].

Quindi c’è stato un tempo in cui la collettività produceva ricchezza e rispettava il diritto al lavoro, c’era una industria di stato che garantiva il lavoro.
Le tensioni sociali fortissime degli anni 70 hanno avuto una risposta dallo Stato Italiano che si è messo a produrre, ha dato lavoro ed ha distribuito ricchezza.
Poi ci sono state le degenerazioni della corruzione, ovvero della ricchezza che è restata appiccicata sulle mani dei politici e quindi tangentopoli. Per guarire dalla malattia della corruzione dei politici è arrivato il neoliberismo economico ed i suoi sacerdoti che dal 1992 al 2019 hanno fatto diventare privato tutto, anche la sanità che come tutti sappiamo è articolata in AZIENDE. Sono stati diciassette anni in cui si è lasciato spazio alla cultura della competizione senza paracadute, quella cutura che esclude dal mercato le aziende non più competitive e crea disoccupazione tra i cittadini adulti e diffuso disagio sociale nelle nuove generazioni che non riescono a trovare un posto di lavoro.
Adesso il neoliberismo non è più in grado di produrre e distribuire ricchezza. È giunto il tempo del ritorno della gestione dei cittadini attraverso delle conversazioni finalizzate all’ottenimento di un progetto comune. Questo processo non può essere affidato a dei leader che non farebbero altro che rovesciare l’attuale oligarchia finanziaria per prenderne il posto. Chi metterà mano a questo processo?

Antonio Bruno Ferro