di Marcello Buttazzo –

Quante volte nei dibattiti televisivi i politici ripetono, con malcelato piglio retorico, che la vita delle persone debba essere considerata sacra e inviolabile. Questo assunto non è solo un punto dirimente e centrale dell’etica tradizionale, ma è anche un assioma preminente per una antropologia condivisa e per le esigenze d’uno Stato laico e liberale. Da laico, mi verrebbe da dire che l’esistenza delle persone sia sacra e intangibile soprattutto nella fase relazionale. Ma la vita effettiva può essere una lancia dolente. Questa vita può essere crudele, impietosa. L’operaio Luigi Bernardini, a 76 anni, per motivi di grave indigenza economica, era ancora costretto a lavorare, come guardiano. Luigi prestava servizio nel cantiere stradale dell’autostrada A12 Genova- Sestri Levante. Nella tarda serata di giovedì, è stato investito da un’auto, mentre era al lavoro, nel tratto di autostrada in direzione di Genova. Ed è morto. L’anziano lavoratore lascia moglie e due figli. Che una persona debba, per motivi di necessità economica, continuare a lavorare a 76 anni è una vera vergogna. E una risposta dovrebbero darla le istituzioni. Luigi ha perso violentemente la vita: questo è un tristissimo accadimento irrimediabile. Come ha sostenuto Luca Maestripieri della Cisl Liguria, “quell’uomo, alla sua età, doveva essere da tempo a godersi la pensione, la sua famiglia e, se li aveva, i nipotini”. Ci chiediamo: che società è questa che non si sa prendere cura dei suoi cittadini? Che società è mai questa in cui la vita viene ritenuta sacra solo a parole? È possibile che una persona per poter sopravvivere debba lavorare fino alla morte?

Marcello Buttazzo