Il Sud rischia di morire
di Luigi Mangia –
Il meridione negli ultimi 10 anni ha perso più di un milione di cittadini. Secondo uno studio Svimez, l’Italia, da Roma in giù, nel 2080 perderà 8 milioni di abitanti. La desertificazione porterà il sud alla morte e i paesi ad essere dei gusci vuoti. Il meridione é in grande sofferenza, l’Europa per aiutare l’Italia, a superare le cause delle gravissime difficoltà economiche, sociali e culturali del mezzogiorno aveva concesso al governo di Giuseppe Conte, ben 209 miliardi di euro di cui il 40% dovevano essere spesi nel sud di Italia.
La parola mezzogiorno é scomparsa anche dai discorsi del governo di Giorgia Meloni e più ancora, manca al governo la visione è una strategia di come risolvere i gravissimi problemi del ritardo economico e sociale che separa il sud dal nord di Italia. Dalla revisione del PNRR si sono persi gli investimenti per gli asili nido, per le scuole, per gli ospedali, per l’alta velocità, per i porti, per le grandi infrastrutture necessarie per superare le gravi difficoltà e ritardi dell’economia meridionale. Il ministro Raffaele Fitto addebita la causa ai sindaci e alle regioni perché non sono state in grado di partecipare e presentare i progetti ai bandi. La politica risolve sempre i problemi cercando i colpevoli e mai riflettendo sulle responsabilità delle classi dirigenti. Il nostro tempo é stato quello della mobilità che ha interessato molto i giovani. Nello studio il progetto Erasmus ha visto i giovani fare esperienza lontani dalle proprie famiglie e da paesi di origine, in università dove arricchire la propria formazione. Le università più organizzate, sono state preferite anche perché godevano di maggiori finanziamenti e più ancora offrivano strutture rispondente ai bisogni degli studenti a partire dalle mense e dalle residenze.
Nelle Università del Sud invece, non solo arrivano scarsi o minori finanziamenti ma mancano le strutture fondamentali, in particolare le residenze. Studiare al sud quindi costa di più, é più difficile e si fa maggiore fatica. I nostri giovani più preparati preferiscono lavorare lontani da casa, all’estero, perché trovano condizioni migliori nella vita sociale e soddisfazione nel lavoro. Il bello del sud é attraente ma non basta per superare la crisi che é profonda e per questo serve un cambio di passo economico, sociale e culturale. Serve un modello di mobilità aperto senza barriere. La mobilità delle culture, la diversità dei costumi sono la grande ricchezza su cui costruire il futuro delle nostre città evitando il deserto dei nostri paesi, la desertificazione delle nostre terre. Troppa gente muore in mare mentre le nostre campagne sono deserte e le nostre case chiuse.
Luigi Mangia
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