di Marcello Buttazzo –

In Italia, la restrittiva legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita vieta tassativamente, tra le altre cose, il ricorso alla maternità surrogata. In questi giorni, la Corte europea dei diritti umani ha condannato il nostro Paese per un fatto specifico. A una bambina di 4 anni, nata in Ucraina con la gestazione per altri, le autorità italiane non hanno voluto riconoscere il legame che la bimba ha con il padre biologico italiano. La piccola, di fatto, è apolide, non ha documenti d’identità, non ha tessera sanitaria, non può usufruire d’un accesso a sanità e a scuola, “è stata tenuta dalla nascita nell’incertezza sulla sua identità”. Lo Stato italiano dovrà versare ai familiari della bimba 15 euro per danni e quasi 10 mila euro per le spese legali. Chissà d’ora in avanti, quanti contenziosi s’apriranno. E pensare che il governo Meloni, preso da una smania confessionale e propagandistica, a settembre o ottobre tornerà in Parlamento, con l’intento maldestro di approvare la legge di “reato universale” per il cosiddetto “utero in affitto”. Insigni giuristi hanno già sconsigliato Roccella e compagnia d’imbarcarsi in questa improvvida guerra contro i mulini al vento, perché è persa in partenza. A detta di molti, questa eventuale legge di “reato universale” è impraticabile, è un vero e proprio obbrobrio legislativo. Quando la biopolitica diventa prova di forza per cercare di misurare gli eventuali consensi, allora cominciano a contarsi i fallimenti totali.

Marcello Buttazzo