di Marcello Buttazzo

Matteo Salvini ha sedotto la piazza romana con la sua verve esplosiva, con la sua dialettica forbitissima, con le sue felpe colorate. Esaltato come “l’uomo della salvezza”, il Capitano di noi altri ha chiesto alla folla plaudente e adorante “il mandato di andare a trattare con l’Ue non come ministro, ma a nome di 60 milioni di italiani”. Personalmente, non mi sento affatto rappresentato dal segretario della Lega per innumerevoli motivi, e non vorrei concedergli la mia delega per trattare con alcuno. In piazza del Popolo a Roma non c’erano stavolta teste rasate, non c’erano gli elmi cornuti, le facce dipinte di verde. Ciononostante, s’è potuto egualmente ammirare una variegata e multipolare umanità. C’erano ex di An, putiniani che con striscioni d’azzardo associavano “Gesù a Putin, a Salvini”. C’era anche qualche nostalgico ex fascista, erano presenti grillini in incognito, insegnanti, padri separati, giovani. C’era un po’ di tutto. Il nuovo populismo di governo cerca insistentemente, tra le altre cose, di darsi anche una legittimazione spirituale e religiosa. La folla ostentava crocefissi e presepi come clave da combattimento. Qualcuno dovrebbe ricordare, però, al ministro dell’Interno e leader del Carroccio che il suo dl Sicurezza stride fortemente con i valori e con i principi cristiani. Volgarissimi e mefitici sono apparsi certi striscioni contro i migranti, del tipo “i nostri delinquenti sono più che sufficienti”. Come se tutta l’umanità migrante e clandestina fosse costituita da criminali.

Marcello Buttazzo