di Marcello Buttazzo –

La Chiesa celebra oggi la Giornata Mondiale del Malato. Il messaggio del Papa è coinvolgente: “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (Mt 23,8)”. Certo, Francesco ci invoglia a seguire la strada contenuta nell’orizzonte del Vangelo, alfine di poter comprendere, fra le altre cose, la natura di questa nuova perniciosa pandemia, che ancora impazza. Al centro del connettivo sociale deve essere posta la persona umana, con la sua inerente fragilità, con le evidenti problematicità. Malattia, cura, sanità, scienza, tecnologie, professioni sono strettamente interrelate in un unico discorso paradigmatico, da rispettare quasi pedissequamente. In una delicata analisi, sull’inserto odierno di bioetica “è vita” dell’”Avvenire”, quotidiano della Cei, Paola Bignardi ci rammenta quanto la malattia sia un viatico da traversare con l’animo desto e consapevole: “La Giornata mondiale del malato ogni anno ha il compito di ricordarci che esiste anche la malattia; che la vita malata, solitamente appartata e quasi ghettizzata, è una realtà”. In questo ultimo anno, abbiamo toccato con mano quanto un virulento agente infettivo abbia seminato, paura, confusione, smarrimento, morte, povertà. Il malato va sempre protetto, perché è debole, è fragile. Va sostenuto e guidato nel suo cammino. Chiunque abbia fatto esperienza della malattia (qualunque essa sia) sa che non può uscire fuori da uno stato di impasse senza le cure adeguate, senza il sostegno della famiglia, senza la carezza degli amici. Deve esistere un cemento d’umanità che sia in grado di donare fiducia e forza a chi vive in una condizione di chiara vulnerabilità. La relazione di cura è un rapporto atteso fra le persone. Dobbiamo imparare sempre più ad avere cura di noi e dell’altro. La cura è tutto. Come scrive Paola Bignardi, “la cura è un incontro di volti”.

Marcello Buttazzo