di Antonio Stanca –

Ormai quando si parla in televisione o si scrive sui giornali, su Internet, ricorrenti sono parole di altre lingue, in particolare inglese, perché entrate da tempo nell’uso, capaci di rendere in maniera più completa, più esauriente quanto si vuol dire. Non c’è telegiornale, dibattito o altro momento televisivo, non c’è articolo sui giornali, non c’è comunicazione telematica che non contenga molte, tante parole inglesi. Il fenomeno era comparso anni addietro ma lo si era visto limitato ad argomenti, a problemi specifici. Erano parole che venivano accolte perché valevano, perché permettevano di ritrovarsi riguardo a determinati argomenti. A questi, però, e a poc’altro erano rimaste limitate quelle parole e utili erano pure diventate in un contesto umano, sociale che si andava sempre più allargando, che procedeva verso l’europeizzazione se non la globalizzazione. Poi, invece, sono diventate sempre più numerose quelle parole, sono entrate nell’uso quotidiano, sono diventate il linguaggio dei giovani, hanno riguardato il loro modo di vestire, di dire, di fare, la loro vita e poi ancora sono diventate parole dette, scritte non solo dai giovani ma da chiunque parlasse o scrivesse fosse in televisione, sui giornali, su Internet e di qualunque argomento lo facesse compresi quelli di carattere specificamente culturale, letterario, artistico. Una vera e propria invasione è stata, un processo che non ha tenuto conto del pubblico che sente o legge, che non lo ha rispettato. Si è arrivati al punto che sia colto o incolto il pubblico è ormai destinato a non capire tante cose di quanto ascolta o legge perché chi parla o scrive usa tante parole di altre lingue. Lo faccia per esibirsi o per mostrarsi al corrente con i tempi il risultato è tra i più gravi e non si può neanche pensare a come evitarlo. Si può solo prevedere che si andrà aggravando, che diventerà il segno distintivo della modernità, che vorrà esprimere quanto di diverso, di nuovo questa comporta indipendentemente da quanto viene capito. E’ allarmante pensare di essere destinati a vivere in questa condizione.

Il fenomeno risale ai contatti, agli scambi che avvengono, senza sosta e senza distinzione di ambiente, via Internet ed ai linguaggi da essi preferiti. Starà succedendo, quindi, anche in altri paesi d’Europa e del mondo ma per l’Italia il problema è più grave perché non aveva, non ha ancora l’Italia una lingua che sia giunta a tutti, che da tutti sia compresa e usata. Molte fasce della popolazione italiana sono ancora lontane dall’uso e dalla comprensione dell’italiano e intanto sono giunti questi altri linguaggi a far sì che in quelle fasce l’italiano sia destinato a non essere mai completamente conosciuto, usato, a rimanere confuso.

Alla scuola spetterebbe il compito di difendere la lingua italiana in quelle e in ogni altra fascia della popolazione, di assicurare il suo apprendimento, di tenerla distinta da altri linguaggi ma pure la scuola sembra abbia ceduto o voglia cedere all’attrazione per lo straniero.

Non si era ancora completata linguisticamente l’Italia e sembra che non lo possa mai fare giacché prima che lo facesse si è trovata a dover accogliere, nella sua lingua, presenze diverse che ostacolano ancor più quello che era già un faticoso cammino.

Antonio Stanca