di Marcello Buttazzo –

E se ci aprissimo alla vita con animo rigenerato. Se rinunciassimo in parte ai nostri pur legittimi egoismi e spalancassimo le braccia al prossimo, all’altro da sé. Se mettessimo da parte le complicanze ideologiche e i nostri pensieri radicalmente politici, per comprendere che le vittime del terrorismo e i civili bombardarti sono tutti fratelli da accogliere, da proteggere. Da sottrarre al gioco meschino, perverso ed efferato delle violenze, delle armi ferine. Apriamoci alle inedite aurore, ai cilestrini bagliori, e mettiamoci all’ascolto. Prestiamo attenzione e il nostro tempo a chi ci chiede aiuto, a chi sollecita la nostra ragione a pianificare soluzioni praticabili. Non perdiamo mai l’umanità, che è una delle poche doti che ci rende unici. Umanità per i migranti in difficoltà, per i senza voce, per i diseredati, per gli esclusi. Amiamo sempre chi ci dona il suo cuore, il suo stupore, e la meraviglia di volerci bene. Domenica 15 ottobre, sull’”Avvenire”, per “Il Vangelo delle briciole”, è stato pubblicato un mattinale stupendo dal titolo “Accogliere la sorpresa”, a firma di José Tolentino Mendonca, che riporto integralmente:

“Non permettiamo a noi stessi di restare ancorati soltanto all’esperienza di ieri. Apriamoci ai nuovi inizi che il giorno di oggi viene imprevedibilmente a sollecitarci. Riserviamo un po’ di tempo ogni giorno per metterci all’ascolto, con profondità e freschezza, sempre disposti a imparare qualcosa di nuovo. Dedichiamoci a contemplare la realtà così come si manifesta, più pronti a investire nella sua osservazione paziente che ad emanare giudizi affrettati o immagini precostituite. Concediamo deliberatamente spazio interiore ad accogliere la sorpresa e non solo ad assicurare il mantenimento delle routine. Impegniamoci nella gestazione di processi di riconciliazione in noi e negli altri. Immaginiamo le nostre mani come porte che si aprono, e non come muri che si ergono e interrompono la danza multiforme dell’esistenza. Accanto al pane che rappresenta il necessario, mettiamo la rosa che rappresenta il gratuito. Accanto all’argilla che rappresenta la nostra persistente fragilità, mettiamo il tesoro che rappresenta il nostro desiderio infinito. Disponiamoci a domandare più spesso che non a rivendicare; e, più frequentemente ancora, ad aspettare e a ringraziare che non a esigere o deplorare. Non ipotechiamo i nostri occhi al suolo come se noi gli appartenessimo, altrimenti ignoreremo che da lassù ci fa strada anche il percorso delle stelle, e che quella è la nostra vocazione”.

Marcello Buttazzo