di Gianni Ferraris

Dal ponte del Ciolo si vede il mare… là sotto. Sarebbe bello saper volare, pensavo. Chissà perché. Un falchetto in cielo. I turisti arriveranno solo fra qualche mese in massa, ora siamo pochi laggiù, quasi alla fine della terra, pochi e fortunati, potremo dire a

chi arriverà più avanti che noi quei luoghi li abbiamo visti prima che l’improvvisazione creativa di reticolatori impacchettasse tutta la montagna con reti di metallo.

Qualcuno dice che franerà, altri dicono che si può fare di meglio che non deturpare il paesaggio e la cruda ruvidezza di quelle rocce. Vedremo, sapremo. TAP di qua, reti di là, un Salento mercificato. L’amico Boero lamenta sulla sua pagina facebook la follia avvelenatrice di terreni di chi utilizza diserbanti sotto gli ulivi come se piovesse e poi ci scrive “zona avvelenata”. Forse quel proprietario di ulivi pensa di essere intelligente, secondo me è solo un modo per mettere in piazza (nel campo) un cartello che potremmo tradurre “vedi come sono scemo, avveleno tutto e gioisco”.

Dal Ciolo alle grotte Cipolliane, si percorre uno stupendo e difficile sentiero fra le rocce a picco sul mare. Rocce crude, macchia mediterranea, il mare là sotto, piatto come una tavola… come un pensiero leggero.  Me lo aveva fatto conoscere molto tempo fa l’amico Marco Cavalera, lui e la sua associazione amano e studiano il territorio, ragazzi che hanno in comune la passione per l’archeologia e la consapevolezza di essere lasciati da parte dal mondo del lavoro. Marco prende in mano un sasso e te ne racconta la vita e la storia. Ascoltando si scopre che era lì da infinito tempo, e che non è una banale scheggia di roccia ma probabilmente fu utensile. Mi vergogno un po’ a dire che per me è solo un sasso. Non dico. Ora però ci andiamo senza guida e quando vedo un sasso appuntito almeno un dubbio mi assale, ma questo a Marco non lo dirò.

I ragazzi che non lavorano, già. In Italia, lo diceva un noto ministro, la cultura non si mangia, di cultura non si vive. Neppure della consapevolezza delle nostre radici. E il messaggio è passato nel sentire di molti. Una fotografia denuncia come, proprio vicino alle grotte Cipolliane, un luogo che reca tracce di un passato remoto fatto di uomini e donne, orsi e cervi, che spiega come prima del mare ci fosse brughiera,  dove la sabbia fossile ancora si vede, si può toccare, un luogo dove la natura è emozione e il pensiero vola in un silenzio irreale a cui non siamo più abituati e che ci stupisce; proprio lì, in quel paesaggio che dovrebbe essere patrimonio dell’umanità, il martedi dopo Pasqua i resti della “civiltà” si vedevano, si toccavano, si odoravano. Un tempo ebbi modo di scrivere parlando di ragazzi belli e aitanti, che dicevano, in spiaggia, di tesi di laurea ed esami : “i cretini di oggi saranno i dirigenti di domani”. Se ne erano andati lasciando sulla sabbia bottiglie di plastica e bicchieri. Alle Cipolliane invece i cretini hanno lasciato resti del picnic della pasquetta.

Qualcuno dice di maleducazione, secondo me sono proprio “bizzarri”, giusto per usare un eufemismo, nel parlar comune avrei detto coglioni, ma qui non si dice. Ragazzi probabilmente di buone famiglie dei paesi vicini, come dice qualcuno che ha visto, che hanno fatto scempio del territorio.  Quelli sono i loro luoghi, probabilmente a casa loro pranzando gettano a terra pane avanzato, resti di insalata, ossa di pollo e poi calpestano il tutto, chissà.

Qualcuno ha poi pulito, resta a perenne ricordo dell’imbecillità un perimetro per fare il fuoco e grigliate, altra cosa proibita dove c’è macchia mediterranea e dove gli incendi sono all’ordine del giorno.

Ho respirato mare, aria, storia, terra e profumo di resine e fiori alle Cipolliane. Il sentiero non è agevole, ancora chi arriva lì quando non è pasquetta e c’è l’obbligo di deturpare l’ambiente, lo fa con fatica, amore e rispetto per quel che vede. Tutti tranne qualcuno che pensa di lasciare i segni del suo passaggio proprio in mezzo al sentierino stretto, che bisogno aveva quell’imbecille di farla proprio in mezzo al sentiero senza sentire l’esigenza di trovare almeno un angolo nascosto?  La puzza si mischiava al profumo di primavera.  Sicuramente i ragazzi della Pasquetta lamentavano il fatto di dover arrivare fin lì a piedi, e pensavano, forse, che meglio sarebbe poter asfaltare per arrivarci con gli scooter o il SUV. “Intanto non c’è neppure più un orso”.

Gianni Ferraris