di Luigi Mangia –

Il 9 maggio del 1978 in una Renault 4 rossa venne trovato il corpo di Aldo Moro, Presidente del partito DC, ucciso dalle brigate rosse. Il 9 maggio è stato scelto per ricordare le vittime di terrorismo e per non perdere la memoria. La morte di Aldo Moro segnò la storia del nostro Paese, scrivendo pagine di sangue mai chiarite e che pesano ancora sulla responsabilità della classe politica che non fece tutti gli sforzi necessari per salvare la vita allo statista. Il professore Aldo Moro è stato il salentino più luminato dell’Italia rinata dopo il disastro del fascismo. Aldo Moro, infatti, partecipò e contribuì alla scrittura della Costituzione, la quale ideò un modello di Stato fondato sui valori sociali e morali. Ad Aldo Moro la Puglia ha dedicato il nome dell’Università di Bari dove insegnò, Maglie un monumento in piazza, Galatina una semplice strada. Il Salento non ha amato molto lo statista Aldo Moro. Il Senatore Giovanni Pellegrino, da Presidente della Commissione strage su Aldo Moro ha scritto pagine importanti di storia che però non giungono a scrivere la verità sulla morte. Nella storia non si gira pagina, ma si studia e si asseconda la ricerca per arrivare alla verità. In Italia non è stato così come è dimostrato dal depistaggio dei servizi segreti, come anche alcuni personaggi politici. Sono passati 45 anni dalla morte di Aldo Moro e di tanti altri che hanno perso la vita per la violenza politica in Italia, ma ancora l’italiani aspettano di avere la conoscenza dei morti di terrorismo. Ho conosciuto Agnese e Giovanni, figli di Aldo Moro, con loro ho condiviso l’impegno di fare negli ospedali il tribunale dei diritti del malato e con loro ho condiviso quel grande progetto di cittadinanza attiva che valorizzava e riconosceva il valore civile e morale dell’Italia che aveva insegnato il loro padre. In quel tempo io ero a Modena e nel rapporto con Agnese e Giovanni ho potuto condividere le parole di rabbia e di dolore per l’uccisione di Aldo Moro, parole però che non erano né di odio né di vendetta, ma di una grande intelligenza per cercare di capire il perché di quella morte incomprensibile di un uomo profondamente impegnato per dare all’Italia il progresso e il rispetto dei diritti. Agnese, in una lettera pubblicata oggi sul quotidiano La Stampa, si dichiara favorevole verso la giustizia riparativa, che entrerà in vigore il primo giugno, con la Riforma dell’ex Ministra Cartabbia. Da Agnese Moro riceviamo una grande lezione di civiltà morale e civile, in particolare di giustizia, che nell’articolo 27 della Costituzione disciplina l’uso della pena come valore rieducativo. Fu suo padre Aldo Moro ad insegnare che la giustizia non è vendetta e che la pena serve a riparare l’errore commesso come offesa dell’Altro. Il gesto di Agnese è un gesto che tutti dovremmo avere la capacità di apprezzare, perché ci invita a non odiare ma a cercare la via della conciliazione.

Mai più stragi, mai più violenza.