Secolarizzazione e crisi dei valori
di Marcello Buttazzo
Secondo alcuni intellettuali cattolici, “la secolarizzazione si sta sgretolando, anzi si è ormai sgretolata sotto i nostri occhi”. Le civiltà contemporanee sono in affanno, sono caratterizzate da movimenti complessi. Tutti siamo interessati da scombussolamenti di varia natura e, probabilmente, non giova definire domini di netta non comunicazione ed esclusione. È indubbio che le nostre società siano traversate da diverse turbolenze, da scompigli intimi che intaccano le più profonde fondamenta della persona. Lo smarrimento antropologico, al cospetto d’una ordinarietà in cui lo stato sociale è sfrangiato, è una sorta di “perdizione” ormai endemica, che richiederebbe lo sviluppo di politiche più radicali e di pronto intervento, a sostegno in specie delle classi più fragili. La “crisi dei valori”, in effetti, non è solo un enunciato retorico, declamato con ampollosità da politici rampanti in rissosi talk show di prima e seconda serata, ma è un dato di fatto dirompente. Con una dizione più aperta potremmo parlare di “crisi di principi”, che investe giovani e meno giovani. Tuttavia la definizione apodittica ( “la secolarizzazione si sta sgretolando”), può apparire abnorme, ingenerosa, in un tempo di mutamenti. Cattolici e laici possono dialogare proficuamente anche in una società secolarizzata. E non solo su tematiche come l’immigrazione, ma anche sulle più spinose questioni eticamente sensibili. Perché non sperare di incamminarsi su una strada lastricata di buoni propositi e d’una bioetica quantomeno parzialmente condivisa? In un’ottica di etica pubblica, il legislatore dovrebbe, per quanto possibile, negoziare valori e principi diversi. I rapporti umani si fondano sul compromesso, sulla compartecipazione, sulla comprensione reciproca, sul rispetto. Nessuno vuole disgregare la famiglia canonica, tradizionale, improntata saldamente sulla cosiddetta “legge naturale”, se al contempo propone che vengano riconosciute e legalizzate giuridicamente altre forme d’unione e d’amore; se relativamente al “fine vita”, si decide di interrompere, in certuni casi, le terapie mediche, non vuol dire affatto cedere a derive nichilistiche e distruttive; se si incoraggia una sperimentazione e manipolazione degli embrioni sovrannumerari orfani, nel rispetto di certe norme rigorose, non si è certo nemici della vita umana. C’è chi troppo severamente ritiene che la secolarizzazione stia portando allo sfaldamento dell’individualismo libertario e del naturalismo darwiniano. Però la cultura libertaria con la sua morale morbida segue dinamica flessibili e sostenibili, cerca di coinvolgere i cittadini con la sua visione partecipata della realtà. Charles Darwin ci ha trasmesso risultanze pragmatiche ed efficaci rispetto alla rigida e inverosimile teoria creazionista: non è uno scandalo, o uno sberleffo al sacro, asserire che l’homo sapiens sapiens sia figlio d’una scimmia antropomorfa e non dell’angelo decaduto. L’evoluzionismo, come spiegazione dei processi iscritti nel grande libro della Natura, è supportato tra l’altro da prove biochimiche, genetiche, paleontologiche. Epperò, attualmente anche fra le gerarchie ecclesiastiche c’è chi cerca, pur in una visione metafisica, di conciliare scienza e fede. Già nella prima metà del secolo scorso, il gesuita, filosofo e paleontologo francese Teilhard de Chardin tentò un affascinante sintesi fra disegno intelligente e palingenesi darwiniana, in nome però d’una possibile Evoluzione creatrice, immersa nel flusso dell’eternità. Parimenti, anche chi non crede può sempre gettare uno sguardo attento sul composito universo religioso con occhi di meraviglia. Che “i cristiani annuncino Cristo come Figlio dell’uomo”, non può che scaldare il cuore di tutti gli uomini di buona volontà.
Marcello Buttazzo
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