di Marcello Buttazzo

Il Santo Padre e il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, tuonano spesso contro il “virus pernicioso dell’individualismo”. “Se le grandi manifestazioni dell’umano sono pensate in chiave autoreferenziale è l’uomo a perdersi”. Viviamo stagioni iperveloci, improntate alla massimizzazione del profitto e al culto estremo dell’economia. Viviamo un tempo confuso, siamo isolati: e c’è chi ci vuole fare addirittura venerare fantomatici modelli di cartapesta. C’è chi pensa alla vita come “un affare”, da cui trarre risorse illimitate e sostentamenti vari. Epperò, oltre il ristretto e inconsistente dominio della convenienza personale, si schiude al nostro orizzonte un orizzonte più fascinoso e più vasto: la solidarietà, la compartecipazione, la gratuità, la bellezza, l’amicizia, la libertà. Le emergenze di quest’era sono innumerevoli, sono di carattere antropologico e pragmatico. Indubitabilmente, respiriamo un cambiamento d’epoca: patiamo una pervicace crisi lavorativa, la tentacolare economia capitalistica mostra ogni giorno il suo volto crudele e terribile e sfatto, premiando senza ritegno solo pochi spiriti eletti e mettendo ai margini del connettivo sociale vaste masse di individui. L’ambiente fisico, naturale, viene devastato dalla scriteriata mano antropica dell’uomo, che non sa coniugare ancora compiutamente benessere, disposizione e diffusione dei beni comuni con una saggia economia delle risorse. La Chiesa cattolica segue i suoi dettami e fa bene, quando denuncia lo svuotamento e “l’’impoverimento delle relazioni, dei legami, fra gli individui”, quando inveisce contro la sacralizzazione e l’idolatria del “dio-denaro”, in nome del quale vengono perpetrati i più inverecondi misfatti.

Viviamo un’era fragile, frastagliata, dolente: intere generazioni di cittadini soffrono quotidianamente lo stigma dell’esclusione sociale, sballottati, lacerati, confusi, alla deriva. Vorremmo, però, che la Chiesa cattolica fosse più coerente con i suoi solenni enunciati, che fosse davvero votata alla povertà, sancita da Papa Francesco. Certamente, in un periodo critico, di collasso, è necessario più che mai rinsaldare la cultura dell’amore, dell’accoglienza, dell’incontro, del rispetto reciproco, dell’alterità. I cattolici, rigorosamente legati all’etica tradizionale, individuano il microcosmo di salvezza nella “famiglia naturale”, “cuore”, “motore”, patrimonio umano”, “bene insostituibile”. Laicamente, però, vorremmo sperare che ogni forma d’unione ( omosessuale, eterosessuale) possa avere il suo passo, il suo tempo, l’inerente dignità, e il doveroso riconoscimento legale e giuridico. Che tutte le convivenze e ogni tipo di famiglia possano esprimere una costellazione di valori da tutelare. Nella convinzione che alcuni ultimi proclami del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, si possono decisamente configurare come entrate a gamba tesa nei pronunciamenti dello Stato laico e liberale. E serenamente convinti che la cosiddetta “legge naturale”, che dà rilevanza solo al matrimonio fra un uomo e una donna con lo scopo di procreare, abbia solo un profondo significato dottrinario. Ma, laicamente, la “legge naturale” è ampiamente discutibile, forse inconcepibile.

Marcello Buttazzo