Marcello Buttazzo

Quante ingiustizie vengono quotidianamente perpetrate. Quante efferatezze (dalle guerre di dominio alla diseguale distribuzione delle ricchezze naturali) vengono ammannite alla gente. Con l’avanzare della tecnologia, della industrializzazione, della grande economia accaparratrice, anche l’ambiente, cioè la casa comune di tutti noi, è sotto scacco. L’ecosistema Terra è chiaramente sofferente, malato, ha il fiato corto, il passo malfermo. Ci chiediamo: a cosa servono gli spots di propaganda di Obama ed altri? A cosa servono i periodici vertici mondiali sul clima? A cosa servono le memorabili assise dei potenti della terra, se non riescono ad ottenere pragmaticamente risultati positivi? Purtroppo, i Paesi più ricchi, succubi dell’incedere vertiginoso delle loro economie soverchianti, non sono in grado di negoziare fino in fondo. L’etica della responsabilità imporrebbe soprattutto ai Grandi inquinatori di capire le ragioni dei Paesi a sud del mondo, da sempre violati da politiche predatorie. Nell’Occidente ricco e opulento, la politica dominante, per comprensibili motivi, è piuttosto timida nell’intraprendere piattaforme radicali a difesa del clima. Meno male che alta e solenne, a più riprese, s’è levata, in questi mesi, la voce preoccupata e dolce di papa Francesco, che ha fatto intendere come sia terroristico abusare dell’ambiente, violare il Creato. Già Benedetto XVI auspicava “una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo”. Anche papa Francesco si appella al senso di responsabilità dei cosiddetti potenti della terra, prospettando la necessità d’una “governance” mondiale per l’ambiente. Effettivamente, i modelli di sviluppo occidentali, basati sull’ipersfruttamento dei combustibili fossili e sulla politica della spoliazione condotta sistematicamente a danno delle nazioni più povere (ma ricche di risorse naturali), rappresentano un fallimento totale. Senza dire, ovviamente, dell’immoralità d’una tale assurda condotta. Il precario equilibrio chimico-fisico dell’atmosfera è sempre più alterato, il suolo e le falde freatiche vengono continuamente sporcate, le catene alimentari inquinate e intossicate, l’essere umano paga a caro prezzo una scriteriata azione eccessiva e antropizzante. Nel mondo, tranne qualche apprezzabile eccezione, gli investimenti sulle energie rinnovabili e pulite, la scommessa sulla rivoluzione ad idrogeno latitano ancora gravemente, nonostante la certezza che il petrolio e gli altri combustibili fossili, prima o poi, finiranno. L’aria, un po’ ovunque, è irrespirabile: l’anidride carbonica, le polveri, gli ossidi e altri gas serra ci gravano come una cappa minacciosa sulla testa. I reiterati interventi di Bergoglio a tutela del Creato arrivano sempre come un sorso d’acqua fresca, come aria pura e benedetta: speriamo possa costituire una sollecitazione soprattutto per i potenti della terra. Questo ambiente sporco e avvilito dovrà essere decongestionato con la pazienza e con l’abnegazione soprattutto dall’America e dalla Cina, signore del capitalismo mondiale, e dai Paesi che maggiormente inquinano: loro, in primo luogo, sono i depositari d’un maggiore senso di responsabilità verso le generazioni presenti e future. Siamo tutti sulla stessa barca e ci dobbiamo salvare tutti assieme. Non è più tollerabile l’atteggiamento, in particolare dei Grandi del pianeta, l’eterno balletto della prepotenza. Il clima è sicuramente un’emergenza chimico-fisica, ma ancor prima è un delicato equilibrio commerciale, un gioco da tavolo di trattative, un intricato business. Non è più tollerabile che, nelle maestose Conferenze, i Paesi del sud del mondo vengano sempre penalizzati, volgarmente resi ininfluenti, colpevolmente relegati ai margini. Noi cittadini del modo abbiamo un sogno: vorremmo inserire un virgulto d’amore nella misera economia capitalistica mondiale, vorremmo in qualche modo lottare a difesa dei bisogni essenziali dei Paesi più poveri.

                     Marcello Buttazzo