“Non c’è giustizia senza vita”
di Marcello Buttazzo
Papa Francesco, all’Angelus di domenica 21 febbraio, ha richiamato l’attenzione sulla sofferta condizione carceraria. Si sa, le prigioni, nonostante qualche leggero miglioramento delle condizioni di vita negli ultimi mesi, restano ancora tragicamente sovraffollate e fatiscenti, luoghi sovente invivibili per i soggetti più marginali. Inoltre, il Santo Padre è tornato a chiedere una moratoria contro la pena di morte per il Giubileo: “Nessuna condanna nell’Anno Santo della misericordia”. Bergoglio è giustamente convinto che sia necessario diffondere nel mondo “forme sempre più mature di rispetto della vita e della dignità di ogni persona”.
La pena capitale è un obsoleto ferro vecchio della storia, una miserabile misura giustizialistica medievale, buona per edificare “promettenti” carriere politiche. Rappresenta una pratica violenta, che fa strame dell’uomo, del buon senso, eticamente è illegittima e assurda. Essa non è nemmeno un deterrente contro i crimini violenti. I Paesi dittatoriali e teocratici fanno carne da macello della esistenza dei loro cittadini: anche per reati irrisori arrivano a negare la vita di tanta gente.
Ma anche in America, culla della democrazia, della libertà, e delle guerre cosiddette preventive e umanitarie, il boia è ottusamente attivo.
Quel che rammarica e sconforta è che non soltanto i Repubblicani, storicamente favorevoli e affezionati al delitto di Stato, perseverano nelle loro assurde campagne, ma anche titolati personaggi politici democratici (come Hillary Clinton), opportunisticamente, in campagna elettorale, sono arrivati a giustificare la inqualificabile pena di morte. Epperò, i governanti dei vari Paesi non possono comportarsi mai da assassini verso i cittadini. Davvero le esecuzioni capitali rappresentano un fallimento totale dello Stato di diritto.
Anni fa, i Radicali dell’associazione “Nessuno Tocchi Caino” presentarono una moratoria all’Onu contro la massima pena, che divenne sostenibile, anche se non vincolante. Da allora, diversi Paesi sono diventati abolizionisti. Anche se la cruenta e ferina pena è pienamente operante in varie contrade dittatoriali e democratiche (compresa l’America). Certi governi la utilizzano, purtroppo, impropriamente, come deterrente contro i crimini brutali( e s’è visto che non lo è), o addirittura come strumento di legittima difesa sociale.
La Comunità di Sant’Egidio, molto alacre, ha organizzato, in questi giorni, al Quirinale (alla presenza, ovviamente, del presidente della Repubblica Mattarella) un convegno internazionale, con un precipuo obiettivo: “Per un mondo senza la pena di morte. Non c’è giustizia senza vita”. Giova notare che le associazioni laiche e cattoliche, in Italia, sulla questione carceraria e sulla pena capitale, conducono una battaglia convintamente partecipata, aperta, laddove la politica attiva e parolaia è ancora drammaticamente latitante.
Marcello Buttazzo
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