di Pierluigi Mele –

I numeri non sono un’opinione, il resto è fuffa. Qui venite per vendere. Omettere, se non è chiaro. Scansare il vero, come un gatto nero. Non devi proprio frodare. Quello lo fai nei periodi di fame, quando a vendere non se ne parla neanche ai napoletani. Ma a buon intenditor, io non ti ho detto nulla. Devi capire tra le righe, quando ti parlo. Come in famiglia. Perché qui si vende, non la filosofia. Sei qui per contratti. Non il tuo. Quello è a tempo. A rinnovo. E se per un mese a fottere il prossimo sei un talento, rilassati, perché il mese appresso sei un deficiente a rischio del posto.

“Posto” è termine mutuato dal lavoro, quindi è errato. Al più, possiamo parlare di postazione. Computer, cuffie, microfono e drin drin, salve signora, la contatto per conto di… Attento, perché se le usuri, queste cuffie ad alte prestazioni, le paghi. Come dici, è inumano? L’umanità, qui, finisce sulla soglia. Ammesso che ci sia mai entrata. E riprende quando smonti. Incredibile a volte quanto sia semplice l’esistenza. Mica il cinema. La paga, dici, vuoi sapere dei cedolini? Ma quelli sono puntualissimi, mai una cilecca. Puntuali l’11 del mese. Siamo come i conigli, proliferazione mensile. Quanto prendi? Dipende da te, dal progetto mensile, la resa, il periodo, gli accordi sindacali inesistenti, i malumori del responsabile risorse umane che conta quanto un lavapiatti, perché lui è una ruota del carro, quella di scorta. Su di lui siedono quadri dirigenziali a livelli via via più, senza aggettivo.

Il posto, la paga, dicevo, non dipende quindi da te. Tu esegui. Bella frase, tipica dei film. Responsabile risorse umane. Ma l’umanità non finiva sulla soglia? Beh, ti dò atto: qualche contraddizione fa comodo. Giova all’ambiente. Guarda come è tonico, e rilassato questo centro. Guarda che facce volenterose. Perché le lagne personali le lasci sulla soglia, insieme alla tua umanità. Qui si vende, mica poesia. Nessuno ti obbliga a venire qui. E poi, proprio nel tuo interesse, abbiamo escogitato un piano salutare: contratti a progetto di due, tre mesi al massimo. Geniale, Risparmi in stress e guadagni in tempo libero. Perché i bonus, i contributi, la tredicesima, le ferie, la malattia, la dignità sono termini mutuati dal lavoro. Roba vecchia, fuori moda. Sei fortunato, sorridi. Sei in un ambiente serio, da noi. Mai sentito di nessuno che si sia piegato/a in zona bassoventre per garantirsi un, come si chiama? Posto, ah. Qui nessuno è al di sopra. Da un mattino all’altro, chiunque può essere ridimensionato di mansione e finestra. Siamo democratici, mica Caligola. Qui contano i numeri. Le dimensioni. Come per il cazzo, altro che poesie.

Questo è un call center. Chiama, convinci, quaglia. Niente più. Niente, più niente al mondo. Come ne “Il cielo in una stanza”. Vergine lurda, oggi sto proprio culturale. Allora, dubbi, incertezze, domande? Bene, tanto non ti ascolto. Buon lavoro. Cioè, buona postazione. Si intrecciano anche amicizie, qui. Di quelle che puoi raccontare. Oneste. È l’unica buona notizia che posso darmi. La vita è là fuori, ci diciamo ogni giorno. È il nostro quotidiano, titolo a quattro colonne. Ai responsabili non importa. Loro leggono schemi, diagrammi, report, rese ed arrese, le nostre. Perché da fare non c’è nulla per il meglio. La calza bucata la rattoppi due volte, alla terza o la butti o cambi piede. Ora vado, ho pensato anche troppo. La vita è là fuori. Nient’altro qui dentro. Buongiorno, signora, sono l’operatore Volenteroso Gioviale e la chiamo per conto del padreterno che non li fulmina tutti, qui dentro. Attiviamo?”.

Pierluigi Mele