Il corteo dei “mascarani”
di Rocco Boccadamo
Mi viene spontaneo di ripassare, e in pari tempo di proporla agli amici Facebook, questa narrazione di qualche anno addietro, come mio personale rinnovato omaggio alla protagonista, la promessa sposa di una vita fa, che oggi se n’è salita lassù, raggiungendo lo sposo, già organizzatore del corteo di maschere a cavallo.
Quell’antico omaggio alla promessa sposa, ovvero il corteo dei “mascarani” sulla via principale del mio paese natio, Marittima, circa duemila anime, insiste tuttora, sebbene parzialmente rammodernata, una signorile dimora d’epoca, non a caso recante sul frontespizio, alla sommità del portone d’accesso nell’aggraziato atrio cortile, uno stemma araldico, scolpito su un cubo di pietra leccese.
Nei secoli scorsi, tale edificio – inizialmente, forse, di struttura più ampia e articolata – ha costituito, a lungo, la dimora dei nobili del posto, insigniti del titolo di barone; in particolare, durante il periodo risorgimentale, ha visto nascere e crescere un personaggio, distintosi e assurto a fama non solo per il suo lignaggio, ma anche e soprattutto come patriota irredentista, al seguito di eminenti figure storiche quali Santorre di Santarosa, Mazzini, Manin e Cavour. Procedendo nel tempo e fissando il calendario pressappoco intorno ad una sessantina d’anni addietro, la casa in questione è pervenuta, diventandone l’abitazione, ad una locale famiglia benestante di proprietari terrieri e gente dabbene, composta anche da una ragazza. Detta giovane, arrivato il tempo “giusto”, si era fatta “zita” (allora, l’accezione fidanzata non esisteva per niente nel vocabolario del paese), praticamente era stata promessa in sposa ad un giovane, pure appartenente a famiglia di possidenti agricoli, residente in un altro piccolo paese, a otto/nove chilometri di distanza.
Non v’erano, ai tempi, automobili né motocicli, semmai appena qualche bicicletta, sicché – a parte i rispettivi impegni, continui, in casa o nei campi – per la coppia, le occasioni d’incontrarsi erano infrequenti.
Certo, esisteva la possibilità di scambiarsi lettere, c’erano le visite incrociate, con familiari al seguito, per le ricorrenze, come Natale, Pasqua, le feste patronali, i compleanni e gli onomastici, ma poi basta.
Nella piccola cornice di cui anzi, mi piace ricordare una singolare iniziativa adottata dallo “zito” in discorso, nell’intento di offrire un gesto di devozione, riguardo e gentilezza alla sua “promessa”.
Ogni anno, a Carnevale – in gergo dialettale, Mascarani – il predetto era solito organizzare, preparare e allestire nel suo paese, con l’aiuto di parenti e amici, una carovana, o corteo come si appella oggi, di carri agricoli, calessi e “scelabbà” trainati da cavalli, nonché di equini sellati e cavalcati liberamente, il tutto agghindato mediante fiori, foglie, rami con appesi i frutti della stagione e altri ornamenti colorati, a fare da pendant agli appositi costumi, acconciati alla buona, dei guidatori e cavalieri, dal volto coperto da rudimentali mascherine realizzate a mano, con carta o cartoncino e più o meno dipinte.
Dopodiché, ecco tale carovana muoversi in direzione di Marittima e attraversare lentamente il paese, soprattutto la via principale dove si affacciava la casa della promessa, la quale ultima, evidentemente compiaciuta, si poneva al balcone a ricevere l’insolito, se non esclusivo, omaggio da parte del futuro marito.
L’evento arrivava a rivestire, ogni volta, carattere d’eccezionalità collettiva, posto che l’intera popolazione vi assisteva con partecipazione, coinvolgimento e gioia. Non c’è che dire, piccole iniziative semplici e spontanee d’anni lontani, aventi però a monte, indiscutibilmente, un’innata e genuina nobiltà interiore e, quindi, recanti un’anima di vitalità tale che, contrariamente a quanto succede per la maggior parte delle manifestazioni e dei riti attuali, non si spegne affatto con lo scorrere del tempo. All’autore di queste note, all’epoca dei fatti piccolo spettatore con i calzoncini corti, piace, di tanto in tanto, riviverne le immagini.
Del resto, gli sono sempre rimaste presenti le sembianze della coppia e infine, di recente, nello scorgere su un muro del paese le abbreviazioni N.H. davanti al nome e cognome di lui, oltre a sgorgargli dentro un profondo sentimento di buon ricordo, apprezzamento e condivisione, gli si è affacciata l’idea che l’antico giovane, da lassù, nel periodo dei Mascarani, non mancherà di seguitare puntualmente a preparare il corteo di carri, cavalli e cavalieri per la sua sposa.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.