“Malesciana”, al poesia di Giacomo Giancane
di Marcello Buttazzo –
Forse non sai cosa sia
la malesciana;
è la pigrizia di campagna
tradotta dal sole
che muore indolore
sulla biada del mare.
Io qui potrei essere lieto,
imbambolato dietro a una preghiera,
secutando un vento di rondini
su una memoria gialla di fuscelli.
E rimanere bianco di sassi
in un sudario di paesi.
Trascorrere uno scorcio d’un pomeriggio dal sole calante con un giovane poeta al tavolino del bar del mio paese. Restare favorevolmente impressionato e sbalordito dalla fitta preparazione letteraria d’un giovane di appena 26 anni, che, da quando è fanciullo, dedica il suo tempo alla lettura e allo studio di vari autori nazionali e internazionali. Scopro, tra l’altro, che Giacomo, residente ad Arnesano, ha i nonni materni che sono di Lequile. Lui, da piccolino, con spirito già errante, scorrazzava per le vie del mio paese, intento ai giochi creativi. Giacomo Giancane nasce e vive nel Salento. Fervido lettore dei “maledetti” francesi, degli ermetici italiani e degli avanguardisti russi, ha appena pubblicato (novembre 2021) la sua raccolta di liriche d’esordio “Malesciana” (Edizioni Esperidi). Giacomo mi ha donato la sua opera e, al tavolino del bar, mi ha parlato delle sue passioni letterarie, dei suoi poeti preferiti. Oltre ai francesi, oltre ai russi, oltre a Quasimodo, a Ungaretti, a Montale, a Caproni, a Penna, ho visto che s’è illuminato allorquando ha citato Campana e Bodini. E, in effetti, come il rosso fauno stremato d’amore di Marradi, Giacomo ha una concezione della vita come eterno viaggio, come fuga dall’ovvio, dal consueto, dall’ordinario.
Dalle poche parole che ho scambiato con questo ragazzo talentuoso salentino, ho compreso che anche lui desidera pazientemente gettare un ponte fra la terra e l’infinito. Giacomo ha letto molto, ha molto assimilato; purtuttavia, la sua scrittura è originalissima, ricca di metafore, di lemmi ricercati ed eleganti. ”Malesciana”è un esordio poetico di folgorante bellezza: qui si rincorrono e si succedono, in un’aura sospesa, scenari paesaggistici e paesani quasi di fiaba. La terra del Sud, un Salento di luce, campeggia in un registro d’intenti, a volte, dolceamari. La mitezza sul cielo di Torre dell’Alto, il gufo di Bisanzio che appare sull’eremo della rupe di San Mauro, ancor prima che luoghi fisici, sono scenari dell’anima rossosangue dell’autore. La descrizione paesaggistica è straordinaria, d’un senso immaginifico. Parimenti, molto significative sono le figurazioni di veemente ardore come tramonti furibondi coi papaveri negli occhi, oppure come noi uomini che ci innamoriamo come briganti delle contadine sul sagrato di un fienile. Il tempo passa, scorre, è fluire di clessidre ineludibili. Il tempo corre. E questo sentimento di caducità è presente nei versi di Giacomo Giancane. Mi ha affascinato, tra le tante cose, il procedere delicato del lessico del giovane poeta, che sa evocare colombelle nunzie di pace, calessini trainati da vedove, portogalli nei cortili che rilucevano in un sogno di cupole, il povero spigolatore che raccatta ossi di parole.
Balbettando il nome dei secoli
verrà a sgretolarsi il tempo.
Ad uno ad uno
i nostri giorni
scriveranno i salmi
per il canto dei galli venturi.
E noi percuoteremo le stelle
con una pertica di litanie.
Ma oggi sono tra i vivi,
perché il mattino
ha sputato sul mio volto
uno zampillo di girasoli urlanti.
“Malesciana” si adorna felicemente di espressioni linguistiche di fresco sapore. Il poeta scaglia la crisalide d’un bacio sullo zigomo spento della pianura e brama ancora il tepore della pelle di carruba della donna. E tantissime figurazioni sorprendenti compaiono nella silloge. Un cielo di sughero tampona il collo dell’alba, sulle scapole di un dirupo una ruffa scheletrica di tamerici, al tramontare la tramontana sferraglia tra le lamelle degli ulivi, in un orlato sfiorito di secchi una quaremma innaffia l’oblio. E ancora, la scure di un’ombra recide gli orecchi agli asini e le pale ai fichidindia. Sogno inatteso è vedere le cinque punte di una rondine tramutarsi in una stella, fiori di menta o stelle che tempestano i rovi della sera. In “Malesciana”, una flora e una fauna parlanti e alluzzanti: acetosella, le capre non rincorrono la cometa gialla delle pratoline, datteri che cascheranno dai cocuzzoli, tempo arabescato di zagare, caprioli, tumuli di petali, fontane di origano verde, il gallo dal bargiglio a peperone, le mandorle che vibrano come chitarre, le acacie appese a una fessura, il nome violetto delle violacciocche, la voce nuda dei grilli rapsodici. Dal risvolto di copertina del libro, si può desumere che Giacomo Giancane voglia diventare uno scrittore ed è attualmente al lavoro sul suo primo romanzo. Forse, solo sfogliando questo suo album di liriche, potremmo dire che inevitabilmente il suo mestiere di vivere sarà quello di scrivere. In prossimità del Natale e delle festività, un dono gradito da ricevere e da fare è sempre un libro. Consigliamo sentitamente di regalare alle vostre amiche e ai vostri amici “Malesciana”, bellissima e intrigante raccolta di versi di Giacomo Giancane, giovane poeta salentino.
La tua bocca è il papavero
schiuso sul volto del grano;
nei tuoi capelli tintinna la speranza
dell’orzo novello;
nei tuoi occhi l’oliva notturna
lacrima l’oro.
Sulle tue ciglia salgono i ragni
e s’azzuffano i soffioni;
nei tuoi zigami cuoce l’argilla
degli orci bruni;
sulla tua fronte suda la linfa
dei pini odorosi.
I tuoi seni sono melagrane sanguigne;
il tuo grembo è un sottosuolo di fiumi;
le tue cosce sono il pane dei miei lunghi digiuni.
Carmela, non so se sei donna
o se sei terra:
alla terra mi posso maritare?
Marcello Buttazzo
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