Madrigale d’amore
di Marcello Buttazzo –
Stamane il cielo s’è svegliato e aveva i tuoi occhi di fiamma, le tue guance di pesca, la tendenza dei tuoi denti di perla. Lapislazzulo il cielo, inchiostro celeste a far svolazzare desideri, attese. T’ho vista per strada nello sguardo d’una passante. Eri fiera coi tuoi ragazzi, i tuoi allievi. Con loro vagavi anche tu, erravi alla ricerca della stella dei pastori, della buona novella. Stamane t’ho veduta davvero, seminavi embrioni di speranza, con la tua dolce parola semi d’amore. Essere grata al mondo, alla vita, alla Natura, è il tuo supremo mestiere di vivere. Tu sommuovi l’onda, fai fiorire il giorno, fai trascorrere la noia. Tu sei ramo d’ulivo, fronda di limone, viso di pesca. Sei quel che sei e non passa. Sei l’eternoritorno della bellezza che squassa, l’umana bellezza che alloga in te. E mai ti lascia. Sei la fanciulla che intravidi nel giardino francescano dei mandaranci. La fanciulla che aveva i tuoi occhi, iridi di sogno, d’incanto, per destare ogni stagione. Non c’è nitore, né virtù di suono, non c’è clamore che non sia la tua voce, il trasalimento del tuo pensiero, che balza al galoppo come cavallo impazzito guidato dalla ragione, dell’istinto. Non c’è ardore che scompigli la fiamma, non c’è bramosia di visione che non sia il tuo viso, paesaggio unico, virente di pura foresta, da respirare docilmente a fari soffusi. Il tuo sguardo benevolo sulle cose del mondo ha fatto tornare stamane lattea l’aurora. Mi sono perso, arreso in un’alba autunnale di novembre. Mi sono ritrovato rinfrancato ancora e ancora nella tua bellezza, che sa svelare le porte dell’infinito. Quanto mare nei tuoi occhi! I marosi tempestosi del Sud, oceani serafici d’una pace meditata nei tuoi occhi. Tu hai respirato il tormento, il dolore, e ne hai fatto ipotenuse di sole. Tu conosci le lacrime, le sai consolare. Conosci la vita, la sai amare. Nei tuoi occhi, le impavide aurore dei giorni dell’avvenire. Nei tuoi occhi, sogni speranze, il giorno che rinasce, un futuro migliore. E davvero questa stagione grama ha il sole dei tuoi occhi, il trasalimento del tuo respiro, il fiato dei tuoi pensieri. Questo tempo è ferito da centomila evenienze, da guerre ferine, da impreveduti malcontenti. Questo tempo langue e piange tutte le lacrime del mondo. Ma c’è uno spazio che è vibrazione e fremito, c’è un disvelamento del sogno, che sono i tuoi occhi di cerva, lucore meraviglia stupore parapiglia. I tuoi occhi incantano giornonotte i passanti. I tuoi occhi fanno fiorire ancora l’aurora nel giardino francescano dei limoni. Ti ritrovo fra le zolle sanguigne della terra natia, fra i nivei germogli del mandorlo a febbraio, fra i lucori improvvisi dell’aurora selvaggia. Ti ritrovo in ciò che agogno e non conosco, nei viaggi disperati di poveri migranti. Sul barchetto desolato, quanto dolore, quanta sofferenza. Sul barchetto affranto, tutto il dolore del mondo. Io ti trovo e ti ritrovo sempre negli occhi verdi di mia madre, l’oceano più ambito da navigare. Ti trovo e ti ritrovo sempre nei pensieri poderosi di donne virtuose, muse scarmigliate, vestali assennate, maree turbolente. Tu e loro fate nascere le mattine, fate tornare barbagliante il sole di primavera. Tu e loro siete il tempo che passa e ciò che resta. Come un lampo ritorna il nuovo giorno, riapre la ferita, l’ancestrale dolore che ci appartiene. Come un sogno, ritorni tu. Le tue carezzevoli parole sono una mantiglia di rosso, di rosso vivo, che m’avvolge. Di là del frastorno, di là del rumore e del fragore di questo triste tempo, mi giunge l’eco della tua voce, che è canto, elegia, madrigale d’amore. Arrivi tu e sconvolgi le ore, fai del momento uno sciabordio di onde, uno scompiglio di passione.
Marcello Buttazzo
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