di Viviana Indraccolo –

A colloquio con il poeta Marcello Buttazzo

Ci incontriamo in una stanzetta del Bar del Corso a Lecce, vicino al Fondo Verri io e Marcello Buttazzo. Prendiamo un caffè ed iniziamo a parlare, o meglio, inizio a raccontare della mia giornata ma sono io che devo intervistare lui. Arriva Mauro Marino per un veloce saluto, proprio lui, tanto stimato da me e Marcello, ci sostiene e ci sprona nel nostro percorso di scrittura e ci permette di pubblicare su Spagine.it. Così va via quell’imbarazzo che aleggiava nell’aria. Marcello è già stato recensito per i suoi lavori ma mai intervistato, sono inorgoglita e spaventata dal compito, così importante data la stima che provo per la persona Marcello, per i suoi scritti e per la sua poesia piena di magia.

Prendo coraggio e inizio con la prima domanda.

Gli chiedo il perché della scelta degli studi scientifici data la sua fine sensibilità per la poesia e la letteratura. Inizia a raccontarmi dicendomi che in realtà non ha mai frequentato il liceo scientifico ma ha sostenuto gli esami da privatista a causa di “problemi relazionali”. A sostenerlo il fratello Emidio, figura per lui paterna, importantissima e fondamentale nella sua vita. Per preparare gli esami, i professori di lettere e filosofia: Capone, Liuzzi e Seclì, che lo hanno indirizzato alla passione della lettura e della scrittura. Dopo il diploma decide nell’86 di iscriversi alla Normale di Pisa ma nonostante il modo gentile e accorto del personale di quella università, decide di non sostenere l’esame d’ingresso scoraggiato dai difficili programmi che gli si prospettavano. A Pisa, in stazione, aspettando per cinque ore il treno che lo avrebbe riportato a casa, legge il libro di Italo Calvino “Sotto il sole giaguaro”, pubblicato postumo nell’85, ogni capitolo è ispirato ad uno dei sensi del corpo, Marcello ne rimane affascinato, lo accompagna il fratello, sempre presente. Sceglie di iscriversi a Biologia alla Sapienza di Roma, ma nonostante gli esami superati brillantemente, lascia gli studi a quattro esami dalla laurea. Torna a Lequile, nel ’98. Presto inizia a collaborare con il Quotidiano di Lecce nella pagina delle opinioni, scrivendo di bioetica, di questioni ambientali e di tanto altro supportato da Alessandro Barbano, all’epoca vice direttore del giornale. Nel 2001 finisce la sua storia con Claudia, una relazione durata 11 anni, la sofferenza per questa vicenda lo avvicina alla poesia, scrive versi a volte tristi, a volte pieni di speranza.

Nella poesia Marcello trova “un rifugio naturale”. La marina di San Cataldo diventa la sua meta per pensare e scrivere in solitudine. Il 2001 è l’anno della genesi. Era il periodo in cui Alda Merini furoreggiava. Tra i tanti poeti che lo ispiravano: Pavese, Garcia Lorca, per la veste lirica Penna e Bertolucci, e Campana con i suoi “Canti orfici”, la “bibbia laica” della nuova poesia e ancora Rimbaud che rivoluzionò la poesia contemporanea. Tra i suoi poeti preferiti anche i salentini Salvatore Toma, Vittorio Bodini, Ercole Ugo D’Andrea, Vittorio Pagano (poeta che si ispirava ai poeti maledetti francesi). Particolare l’attaccamento di Marcello per Saturnino Primavera, anche lui di Lequile, persona straordinaria, ebanista e fine artista del legno, poeta autodidatta che aveva un laboratorio frequentato da artisti e personalità importanti. Un uomo squisito, un figlio del popolo, un comunista impegnato e militante. Saturnino praticava anche il teatro ed ebbe una piccola parte nel film “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini. Il primo libro di poesie di Marcello Buttazzo è CANTO INTIMO edito dallo storico Zacchino nella collana I Minimi- Linea Relitti con storie di Cultura Salentina. Dal 2005 al 2008 ALTRO DA SE’ e ALBA (Firenze libri) e nel 2008 DI ROSSO TORMENTO, titolo tratto dal primo ed emozionante verso della raccolta che tanto personalmente mi ha affascinato: “l’anima solcata di rosso tormento”…
In quel periodo lo spunto per le sue poesie Marcello lo trovava tra gli artisti di strada incontrati nelle sue lunghe e solitarie passeggiate lungo il corso di Lecce, come ad esempio Laura che dipingeva vicino alle chiese e un musicante barbuto che suonava De André.

Dice Marcello “l’umanità dei “vincenti”, se ne possiedono una, non m’interessa”. Ed è così che nasce PER STRADA ispirato all’umanità marginale. Un’altra cosa che intriga Marcello è la Sophianalisi. Dice che “è una palestra di vita, terapia antropologica che ha l’obiettivo di scandagliare il passato in cerca del male che ci trasciniamo dentro per diventare artisti di noi stessi, per ritrovare i valori e i principi, per non stagnare nel dolore. Chi ha vissuto profondi travagli non deve sentirsi vittima ma protagonista della sua vita e rinascere ad una bellezza seconda”. Ad aiutarlo a pubblicare i suoi libri gli abitanti del suo paese e soprattutto il fratello onnipresente nel suo percorso umano e poetico.

Altri suoi titoli sono nel 2006 CLANDESTINO D’AMORE, nel 2007 NEI GIARDINI DELL’ANIMA e nel 2010 SERENANGELO, ispirato a una Musa brindisina. Il suo modo di chiamare le donne “Muse” mi emoziona tanto come il tatto e l’innata gentilezza che lo contraddistingue.

Del 2012 è E ANCORA VIENI DAL MARE, raccolta poetica ispirata a Pavese. Nel frattempo nasce una raccolta di poesie e articoli inediti sulla fecondazione assistita, considerazioni e canti ed sms che lui scriveva alla sua Musa lontana. E arriviamo al 2015 con E L’ALBA?, una consapevole fase di rinnovamento dove le asperità si sono placate, c’è l’attesa e speranza che la nuova Musa sia finalmente arrivata. La sua nuova musa ha gli occhi di cielo di mare, è di bellezza silvana, vibrante di pura foresta. “Mantiglia d’amore…, la notte non mai, il lucore che si vede che mi dà gioia in attesa di nuove muse che si rinnovano sempre… vivere di poesia ti fa sentire libero, non hai vincoli, ti fa volare su ali immaginifiche…” Marcello è attratto dal mondo, dal suo divenire multipolare, dice che bisogna osservare da vari angoli visuali. Tra i suoi punti di riferimento il professore Aldo De Francesco, vibratile d’amore che sa insegnare il senso della realtà così come Totò Casilli: “sono stati per me padri benevoli…”. Per Marcello la famiglia non è quella cattolica… non è quella dell’appartenenza, del “sangue” ma è quella frutto dell’amore che gli altri ti fanno vivere con le esperienze, i consigli, con il loro ESSERCI!

Tra i suoi amici più cari c’è Giuseppe Fioschi, animo generoso e cortese. Marcello e molto legato a lui e alla sua famiglia, soprattutto a sua figlia. Entrambi hanno attraversato momenti difficili “con i ginocchi piagati”. Ma Giuseppe, uomo dallo sguardo aguzzo, si è riscattato con le arti e con la cultura ed è diventato un avido lettore. “Trovare figure illuminanti insegna, Mauro Marino è stato per me una bella scoperta”, dice Marcello “con il suo senso di realtà è come un padre/ fratello buono, che ti fa trovare la giusta rotta. IL FONDO VERRI è in Puglia un rilevante centro culturale dove la cultura è aperta a tutti, senza riserve ideologiche, un’oasi che brilla nell’oscurità che c’è intorno”. E ora? “Ora oltre a cercare un lavoretto sto scrivendo. Non mi fermo mai. Nel mio futuro libro c’è una poesia dedicata a Johnny, il mio gattino bianco che a fine marzo compie un anno, è un furfantello dagli occhi chiari…”. E mi racconta di Dario Bellezza che “raccoglieva” gatti in giro per la città ed ha scritto una raccolta di poesie su di loro di una tenerezza estrema… Così finisce quest’intrusione nel mondo di Marcello Buttazzo, grande poeta, sensibile e caro amico. Facciamo una passeggiata insieme e ci salutiamo con un profondo grazie da parte di entrambi, felici per questa esperienza che ci ha arricchito e avvicinato…