di Marcello Buttazzo –

Maria Campeggio è una pianista salentina. Svolge attività didattica ed è Direttore Artistico di eventi musicali. Il suo esordio poetico con “La rosa di Gerico” (Edizioni Il Laboratorio), nel 2014. Ha vinto numerosi premi letterari e coltiva, come un giardino intricato di sogni, la passione per la scrittura. A giugno 2021, ha pubblicato una nuova silloge, “Cristalli d’anima” (stampata presso la tipografia 5emme- Tuglie). La formazione musicale dell’autrice si riverbera ampiamente nei suoi versi, che hanno un passo lineare, un procedere ritmico.

La poesia è musica, ed è più che mai opportuno che Maria Campeggio impieghi la sua arte ad ampio spettro. Insomma, è più che mai propizio che presti la sua lira alla composizione di poesie delicate, specchio d’una anima pura, sensibile. Il tema portante è l’amore, declinato in un vasto caleidoscopio di intendimenti. Amore per la Natura, per la terra salentina. Amore per gli affetti più cari e significativi, dal padre alla madre, dal nonno alla nonna. Versi dedicati all’amore vissuto, agognato, vezzeggiato. E a quello assente. La poetessa, però, ha la precisa consapevolezza che l’assenza non possa ferire fino allo straniamento, fino alo stordimento: “i cadaverici passi dell’assenza/non mi raggiugeranno più/”. Balenano qua e là alcuni ricordi d’infanzia. Ricordi antichi, di ancestrali memorie, che si perdono nella notte dell’innocenza: “E il mare/mi riporta indietro/al tempo di bimba/afferrata dalle mani di mio padre/che mi strappano/a una giostra paurosa/”.

Alcune poesie di “Cristalli d’anima” hanno un vibrante impeto civile. Ad esempio, la denuncia di chi compra orgasmi venduti, nella notte di città: “Così il denaro sporco/ come ai tempi della Maddalena. /Urlano le donne sfruttate/ che non meritano/tale sorte feroce/un riso di iena/”. Un’altra esemplare poesia è quella intitolata “L’attimo”, dedicata al magistrato antimafia Giovanni Falcone e ai membri della sua scorta, Antonio, Vito, Rocco, che persero la vita nell’attentato dinamitardo, ad opera di “Cosa Nostra”, il 13 maggio 1992.

La poesia di Maria Campeggio, per certi tratti, è anche una celebrazione spirituale. Le parole dedicate all’Immacolata, a Santa Lucia, al Natale, al Lunedì dell’Angelo, alla Vigilia di Santa Cecilia  (Protettrice dei musicisti), al Capodanno 2021, all’Epifania, hanno una cifra mai dogmatica, ma sempre l’incedere d’una Natura benigna, che fortifica e vivifica. Una poesia lirica, quella di Maria, in cui si nota e s’enfatizza la venustà dei giorni più semplici: “Vorrei dell’azzurro i passeri/saltare sui rami nudi/vivacizzando l’aria/ col loro cinguettio. / E suonare per te gli accordi/di una canzone muta/che ti respira dentro/scacciando la paura/”. Una poetica, quella di Maria, di trasalimenti, di palpiti, di fiato che carezza, di sussulti, di suoni, di colori d’un tempo che mai tradisce. Una poetica intimamente legata alla terra, che sempre alle zolle marroni ritorna.

Incontra il vento
gli alberi
la luna s’affaccia
alle maree
riempiono i semi
i solchi
i bimbi si lanciano
al sorriso.
È il decesso
dell’acre di fragole
l’assaggio dei mandarini
dell’arancio fragoroso
l’inverno inasprito
lontano
e le onde
di foglie rossicce
sul mio viso.

Marcello Buttazzo