di Marcello Buttazzo –

Fiorivo in lontananze senza peso
veste azzurrata
anelli d’alba fra i capelli

mi ripopola uno splendore
più alto

in dormiveglia penso
con fierezza
con rabbia
con amore

sarei venuta
a deporre
il mio bacio più lungo.

È appena uscita la raccolta di poesie “La gioia delle incompiute” (Giuliano Ladolfi Editore) dell’attrice mesagnese Rita Greco, donna dolce e delicata, che conduce laboratori di teatro-poesia per bambini. Suoi testi sono stati pubblicati su vari siti e blog. L’autrice sa mettere la sua accortezza nell’uso della parola a disposizione di tutti, a cominciare dai più piccoli, per il lavoro svolto nelle scuole. Lei, evidentemente, ha conservato lo stupore fanciullo, prerogativa primaria per entrare in contatto, in sintonia, non solo con la poesia, ma anche con i ragazzi. Ha preservato viva la meraviglia, che ognuno di noi dovrebbe avere nel rapportarsi alle cose della vita. “Tenersi stretta la gioia delle incompiute”, canta Rita Greco. E, in effetti, questo è un valido atteggiamento esistenziale, uno stratagemma antropologico per vivere compiutamente la bellezza dell’attesa, il colore dell’immaginazione, le ali del sogno. In questa vita di corse e rincorse, sovente, siamo tutti protesi spasmodicamente verso l’obiettivo finale. Così vuole l’odierno tempo efficientistico e iperdeterministico.  Un tempo che sacrifica le sue vittime sull’altare impietoso della deleteria filosofia del compra, usa e getta. Un tempo sospeso, imprigionato, che può essere sciolto e sbrecciato grazie all’ausilio della maestra poesia. In questa raccolta di liberi versi c’è un elegante procedere, che desta l’attenzione e ravvia lo sguardo. Dobbiamo davvero tenerci stretta la gioia delle incompiute, perché anche un sogno sventato e svanito, sfuggito dalle mani, non può essere mai omologato ad un fallimento. Ciò che conta è il percorso compiuto sulle strade malagevoli dell’alterna e incerta ventura. “Tenersi stretta la gioia/delle incompiute/-potrebbe essere l’unica/ concessa-/e allora tenersela stretta/, scrive Rita. Noi individui siamo storie davvero incompiute, da diversi punti di vista. Ma siamo tutti, davvero tutti, anime salve.

La prefazione della silloge è di Alfonso Guida, grande poeta lucano, che a un certo punto così affonda il suo bisturi: “Rita Greco scrive per stare luministicamente dentro le cose e sta dentro le cose aspettando la deflagrazione, lo scoppio del seme, la fioritura del germoglio. Su ogni sillaba aleggia un’aria di giardino dove a prevalere sono le aiuole delle “Composite”, una specie botanica impronta di compostezza e di complessità”.
E veramente la poetica di Rita Greco è caratterizzata dalla misura del verso, mai abnorme, sempre essenziale. La ricercatezza della forma e dello stile sono pregi evidenti, che possono fiorire solo dopo anni e anni di studio attento e certosino. Colpiscono tante poesie d’amore, dove le mani sono nuvole cariche di pioggia, dove il cielo è un sogno azzurro pieno di ali. E rughe tenere a sollevare il viso di pane.
Rita Greco si pone un quesito intrigante: “Come addomesticare lo spavento?”. E risponde!

La scrittura può venire in soccorso. Essa può diventare uno strumento salvifico, terapeutico, una panacea che certo non ci protegge da tutti i mali, ma può coadiuvarci a sciogliere i nodi intricati e insoluti, a sbrigliare le matasse ingarbugliate, alfine di tacitare il senso di irrequietudine. Non bisogna avere paura delle zone d’ombra, degli ampi spazi di neghittosità che turbano l’anima. È necessario più che mai andare incontro alla vita, la vita stremata, la vita infinita, aspettandola per strada, nelle piazze vuote o affollate di gente. Vascello vagabondo da traversare sulle ali del sogno. La vita. E c’è rischio di ammalarsi per mancanza di bellezza. Rischiamo di ammalarci gravemente, se non si viene visti dall’interlocutore. Riconoscere se stessi, la propria identità e integrità, non basta. L’andamento de “La gioia delle incompiute” è lirico. Ci sono estesi lampi di musicalità. Il sole innalza inni d’oro alla solitudine, il mare cresce sotto la luna, l’alba dondola sulla fronte del lago ramo di luce. La poesia di Rita Greco è poesia della cura. L’autrice ama molto Maria Grazia Calandrone, che ritiene che “accogliere la gioia, è il mestiere di tutta la vita”. La poesia è dono, gratitudine, come un fiore di luce che si schiude fra le mani. La poesia, forse, non salverà le nostre vite, ma potrà, senz’altro, spingerci a osservare il mondo con occhi nuovi. Sulla poesia del dono e della cura, del prendersi cura, Mauro Marino del Fondo Verri ha costruito paradigmi d’ amore e di umana bellezza.  Rita Greco dedicata la sua raccolta alla madre. “La gioia delle incompiute” è da leggere attentamente…

Tenersi stretta la gioia
delle incompiute
dei sogni rimasti a dondolare
nella culla dolce del chissà
quando il cuore traballa
per ciò che potrebbe essere
e forse non sarà.
Tenersi stretta la gioia
delle incompiute
delle cose che non sono mai
diventate cose
delle idee che non si sono mai
fatte cose
che cadono e fanno rumore.
Tenersi stretta la gioia
delle incompiute
-potrebbe essere l’unica
concessa-
e allora tenersela
stretta.

Marcello Buttazzo