di Marcello Buttazzo –

Donato Di Poce
Sulle tracce della poesia
I Quaderni del Bardo, 2023

Scrivevo e annegavo in un mare di paradossi
Tacevo e feci naufragio tra i silenzi
Incontrai la mia follia creatrice
E mi rise in faccia.

Fui profeta del nulla
E il nulla mi restituì
Il seme della poesia.

Divenni una cometa spenta
Che accendeva un cielo di stelle.
Non potevo più parlare
Ma non potevo più tacere.

Donato Di Poce
Milano, 8 Dicembre 2022- 1 Gennaio 2023

Donato Di Poce ama definirsi un ex poeta che gioca a scacchi per spaventare i critici. È nato a Sora, risiede dal 1982 a Milano. Poeta, critico d’arte, scrittore di poesismi, fotografo. Artista poliedrico, innovativo e ironico, dotato di grande umanità, e CreaAttività. Ha al suo attivo 43 libri pubblicati (tradotti in inglese, arabo, rumeno e spagnolo), 20 ebook e 40 libri d’arte Pulcinoelefante. Dal 1988 è teorico, promotore e collezionista di Taccuini d’Artista. Ha realizzato l’Archivio Internazionale di Taccuini d’Artista e Poetry Box di Donato Di Poce, progetto espositivo itinerante. In questo maggio 2023, è uscito un nuovo libro di Donato Di Poce dal titolo “Sulle tracce della poesia”, pubblicato dai Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno (Collana di poesia).
Una raccolta delicata di aforismi e di poesismi, che recano l’inconfondibile stile piano e divulgativo di Di Poce, il suo sentimento di alta e profonda umanità. L’autore, pur conducendo da sempre un carsico scavo letterario e una ricerca certosina, non ha affatto un’idea solipsistica e elitaria della scrittura. Già nel distico d’apertura si possono comprendere tracce della sua filosofia di vita. Ennio Flaiano diceva: “Io credo soltanto nella parola./La parola ferisce, la parola convince, la parola placa./Questo, per me, è il senso dello scrivere./ La parola crea, distrugge, edifica, destruttura. L’autore, in una nota al libro, sostiene chiaramente che “la scrittura e la poesia sono una autoterapia al mal di vivere, che ci aiuta a capire chi siamo, cosa vogliamo, a diventare noi stessi e sentirsi liberi”.

Ha una concezione altamente democratica e civile di letteratura l’autore, sempre attento al mondo degli altri, alla vita degli ultimi e di chi subisce le angherie di questa civiltà tronfia e tracotante. Scrive Di Poce: “Credo che la scrittura e la poesia sono una fonte emozionale, un nido di conoscenza da cui spiccare il volo ed abbracciare l’Altro. Un mondo per restituire la bellezza e l’amore che percepiamo, inseguiamo, aspettiamo e a volte costruiamo dentro i nostri mondi separati, le nostre mille bolle di solitudini, le nostre nuvole d’inchiostro”. È affascinate la scrittura di Donato, perché nel breve spazio d’un aforisma esprime paradigmi di verità, a volte servendosi del paradosso. La sua scrittura segue vari registri: può essere di denuncia, può sfociare nell’invettiva. Talvolta si respira nelle parole dell’autore un senso di sconfitta per l’ordinarietà degli eventi, ma più spesso prevale un aspetto costruttivo di salvezza, di rinascita, che ci fa guardare con fiducia al sorgere del sole. I suoi epigrammi sono taglienti, pungenti, ma mai cattivi, dal momento che esprimono il dicibile con grande onestà intellettuale.

La prefazione del libro è di Gino Ruozzi, che in un passaggio denso così afferma: “Di Poce s’inserisce fruttuosamente in una scia di scrittori artisti che sale da Leon Battista Alberti e Leonardo ad Ardengo Soffici, Mino Maccari, Leo Longanesi, Fausto Melotti, Alberto Casiraghi, nell’ottica di “dire e fare svincolati dalla serialità commerciale” e di un “progetto civile e poetico, etico e morale di una nuova umanità”. Negli aforismi e nei poesismi di “Sulle tracce della poesia” balena e scintilla tutta la cultura enciclopedica di Di Poce, i suoi riferimenti allo “Zibaldone” di Leopardi e all’opera di Sbarbaro. Una cultura accurata e accorata, che tuttavia è al servizio della gente, del lettore, che può ammirare pagine d’una soavità e d’una freschezza lessicale sorprendenti. Sarà che il poeta è, per definizione, un eterno fanciullo, che fa vibrare sempre la meraviglia e lo stupore.

“Sulle tracce della poesia” si compone di tre parti: “Lampi di scrittura, che altro non è rendiconto emozionale di dieci giorni di vacanza in Sicilia; “La scrittura infinita” con omaggi all’amata triade BBB francese (Blanchot, Barthes, Bachelard); “Sulle tracce della poesia”, con evidenti riferimenti ad Arthur Rimbaud. Gli aforismi di Di Poce sono improntati alla denuncia, alla purezza, alla malinconia, alla consapevolezza, alla pura poesia. In fondo, il destino degli uomini assennati è quello di estrarre calie preziose da pozzi fondi d’insensibilità. Come direbbe Donato, al cospetto della violenza dei cinici del potere, il mestiere di vivere dell’umanità è quello di cercare di “estrarre il diamante grezzo della poesia dal fango della realtà”. ”Sulle tracce della poesia” è un libro essenziale, che attrae per linearità, per comprensione linguistica, per alcune asserzioni originali sulla scrittura,  sulla parola, sulla poesia. Scrive Di Poce:

I poeti normali sono folli sempre in festa
scrivono, leggono, dubitano
e nei casi più gravi pensano con la propria testa.

La giuria del premio nazionale
dra infestata da poeti andati a male.

Scrivere è vedere l’alba
dopo una notte di percezioni.

La scrittura è un atto di coscienza
ma la poesia è un atto di solidarietà
con la solitudine del mondo.

Il poeta lotta contro il degrado della civiltà e coi suoi scritti costruisce gemme di splendore, che ci allontanano dalla morte. “Sulle tracce della poesia” reca frammenti di adamantino lirismo: “I versi non sono altro che comete poetanti/In una notte stellata di poesia”; “Sotto la pioggia della scrittura/ Cerco solo gocce gravide di poesia”. Il poeta è un filosofo di questa contemporaneità: Si comincia col nominare il nulla/Poi si desta attenzione alla polvere/Infine si scrive al mondo./ La terza e ultima parte di “Sulle tracce della poesia” è molto intensa e commovente. Si chiude con una amara carezza per gli esseri umani: “Siamo stelle dimenticate/Nei buchi neri della Storia”.

Marcello Buttazzo