di Marcello Buttazzo –

L’estate ha il colore niveo delle aurore sitibonde d’amore, le aurore assetate di te. L’estate ha il colore dei tuoi denti di perla, il tuo sorriso, il tuo sguardo ridente, che è il più maestoso mare da navigare. Sempre indugiammo sui barchetti ebbri e folli della passione, sempre piegammo l’estate al rosso, al carminio, a tutte le varianti di sangue. L’estate ha il sapore delle tramontane solo immaginate, di là di questo asfissiante faugno, che incatena perfino i pensieri. L’estate ha la soavità, la levità di volo delle rondini anarchiche e libertarie, che continuano a sfrecciare nell’aria. Presto migreranno altrove. E noi saremo qui ad agognare un venturo aprile, per riaccoglierle a braccia aperte. L’estate reca il virente di pura foresta degli occhi verdi di mia madre. La sua età irreversibilmente avanza. Ma lei adesso è qui con me. E questo mi basta. Mi godo questa Epifania. Mi godo perfino la tua assenza, musa lontana, fuggitiva, che scappi da me. In fondo, la latitanza è una eterna presenza, a condizione di saper racchiudere dentro, nel connettivo delle ossa, tutto l’amore del mondo. L’estate ha il passo felino dei miei gatti Alfonso e Johnny, che sono due monelli, due bestiole della luna. L’estate ha il calore degli abbracci e dei pensamenti dei miei amici, delle mie amiche, che sono il refrigerio più atteso. S’alternano ineludibilmente le stagioni, scorre il tempo, ma continuo ad amare l’estate. Amo l’estate, le sue albe di gesso, gli orizzonti sbrecciati, i ricordi taciuti. Amo l’estate, le parole sospese, i pensieri quietati, il sole. Il sole, ragazzo impertinente, dio di fuoco. Amo le mine vaganti nell’anima, la lacerazione addolcita, ricucita. D’estate t’incontrai un giorno, avevo per te un madrigale di interminate parole. Ti vidi d’estate, avrei voluto parlarti di me. M’accontentai più saggiamente del tuo sguardo di cielo, che sapeva scardinare le porte dell’infinito.

Marcello Buttazzo