di Marcello Buttazzo –

Roberto Dall’Olio, “La Ballata di Jan e Versi Boemi”, Pendragon – 2022

Il poeta bolognese Roberto Dall’Olio, docente di Filosofia e Storia al Liceo Classico “Ariosto” di Ferrara, è autore di numerosi lavori letterari. Ricordiamo solo il saggio “Entro il limite. La resistenza mite in Alex Langer”(la Meridiana, 2000) e le raccolte poetiche “Per questo sono rinato” con una nota di Roberto Roversi (Pendragon, 2005), “La notte sul mondo. Auschwitz dopo Auschwitz”, con note di Nedo Fiano e Piero Terracina (Moby Dick, 2011). E ancora ricordiamo il testo poetico-pittorico con il pittore Andrea Ballardini, nel 2014, fuori commercio, “Adesso è già domani”, omaggio a Marzabotto, e le sillogi “Se tu fossi una città” (Edizioni l’Arcolaio 2019, nota di Romano Prodi), “Monet cieco” e  “I ragazzi dei Giardini” (Pendragon, 2021 e 2022). Tra le altre cose, Roberto Dall’Olio è presidente dell’ANPI di Bentivoglio. Lui dedica anima, corpo, spirito, nervi e sangue, all’impegno civile, alla passione. Ad ottobre 2022, è uscito, per Pendragon, un suo nuovo libro di poesie dal titolo “La Ballata di Jan e Versi Boemi”.

Se mi dessi la mano
Ti porterei
Nella primavera
Di Praga
Tra le volte bianche
Di sterminati ciliegi
Fino a Strahov
Poi giù
Tra gli sfregi
Della storia
Che insiste
Sulla magia
Di Praga
Voleremo
In una saga
Di dame e cavalieri
A Konopiste

L’autore ama Praga. In Boemia s’è recato tante volte nel corso della sua esistenza. L’autore ama la storia, la letteratura, la vita, la gente. Con un approccio errabondo, Roberto s’addentra fra le pieghe delle città boeme, le visita, respira la cultura, incontra personaggi. Diventa testimone di vicende, di accadimenti. Il poeta reca nel rosso dell’anima una geografia di luoghi, uno spazio e un tempo prediletti da ascoltare. Nell’introduzione, il pittore Andrea L. Ballardini, fondatore dell’Associazione culturale italo- ceca “Lucerna”, scrive: “Da quando ci fu Apollinaire, ogni poeta dovrebbe essere anche un passante di Praga. Dall’Olio lo è diventato con i suoi viaggi, le sue letture, le sue scelte sentimentali e di poesia. I suoi versi boemi scritti in varie occasioni testimoniano di un rapporto duraturo o, per meglio dire, confidenziale con quella terra, che per lui esiste anche come luogo d’anima, d’ispirazione e di motivazione”. Nelle 35 liriche e nella “Ballata di Jan”, Dall’Olio non rinuncia allo stile lirico e pulito, essenziale, che abbiamo apprezzato in altri suoi scritti. Il suo passo è snello, la parola ridotta all’osso, sfrondata d’ogni orpello soverchiante. Il suo è un lirismo ridente e affascinante. Come Umberto Eco passeggiava nei boschi narrativi indagando aspettative e modalità per leggere i romanzi, così Dall’Olio in questa sua opera va a spasso (a volte descrivendo; altre volte immaginando, secondo la prerogativa del poeta) di Praga e delle altre città della Boemia. E, in questo suo percorso, incontra una vasta umanità e un paesaggio fantastico. La quinta dimensione della luce blu dei monti boemi, che è un suffragio universale, di candore. Mala’ Strana, le foreste della Boemia e la luce verde, cupa e scintillante. Salendo da Mala’ Strana, Roberto incrocia Jan, che non è solo lo studente che si diede fuoco nel ’68 come atto di protesta contro l’invasione sovietica, ma, come precisa Franco Mosca nella prefazione, “è una allegoria che coinvolge la Boemia e la sua capitale Praga”. In effetti, Jan è la voce di dentro di Roberto, è ciò che palpita nel suo intimo, è la sua coscienza critica. Nel suo vagolare, Dall’Olio passa per Kampa, isola nell’isola, con un silenzio cucito a mano, per i castelli boemi dove le rose sono infinite. S’imbatte, Roberto, nel poeta Jiri Orten, di origini ebraiche, morto nel 1941, travolto da un’ambulanza tedesca. Orten aveva gli occhi assorti e il candore maledetto della sua poesia. Roberto incontra Ilse Weber, poetessa scrittrice di religione ebraica, che venne uccisa dai nazisti nelle camere a gas. Amore solo amore per Alexander Dubcek, presidente dissidente, portatore di speranze, non solo in patria, ma anche oltre i confini. “Forse con lui/ La parola patria/ Era sparita/ Con lei/ I confini/”. C’è, ne “La Ballata di Jan e Versi Boemi”, anche il ricordo di Franz Kafka e del suo soggiorno a Riva del Garda. Dall’Olio è un uomo di questo tempo, di questa contemporaneità contradittoria. Il poeta, pertanto, quando tratteggia Praga evoca anche i guasti e le storture della società postcapitalistica. Sicché, a un certo punto, Praga diventa come Venezia, con Prada e i suoi brand mondiali tutti uguali. Purtuttavia, quando il poeta esce da una birreria del posto, Praga è sempre la Venere di Mucha, con mille scintille e il crepuscolo d’oro. Dopo la caduta del muro di Berlino, Praga è tornata ad essere una città internazionale con la sua scintillante bellezza, epperò con i limiti connessi all’avvento d’un turismo consumistico e mercificatorio. “La Ballata di Jan e Versi Boemi” offre un drappeggio di venustà nei paesaggi rappresentati. L’alchimia sospesa fra oriente e occidente. Praga liberty, palazzi pazzi, boschi fitti e radure di case. Praga gatta nera che sbuca dalla neve con gli occhi verdi. “La Ballata” di Jan, che viene dopo le 35 poesie, è un canto lirico di vibrante denuncia contro il nazismo e contro i carri armati russi, che spezzarono, frantumarono un sogno. Il sogno d’una società più vivibile, più a misura d’uomo. Purtroppo, la storia ritorna, piega, spezza, non fa sconti. Ne “La Ballata di Jan”, Roberto aduna grandi scrittori come Kafka e Rainer Maria Rilke. Il respiro lirico è, ancora una volta, accattivante: ”È sepolta la poesia/Sta sotto/ I ciliegi/Tutti ciliegi/La fanno brillare/A primavera/ Poi se ne va/ In una sera/”. Lo scritto di Roberto Dall’Olio è uno spaccato vivido di purezza, assecondata dai versi ritmici, scanditi in modo incalzante.

In un coffee bar
Si fumava
Erba
Diversamente
Da Amsterdam
Con più nonchalance
Meno pruderie fuori
E fantasia dentro
Con la tromba
Di Chet
A volte si ride
Dimenticando la morte

                            Marcello Buttazzo