Un’etica per un mondo senza eroi
di Marcello Buttazzo –
Vittorino Curci
Cadenze per la fine del tempo
Musicaos, 2022
dov’è questo sole che dovrebbe colmarci di gioia?
le piogge bagnano il viso dell’uomo in esilio
che resiste alla fine del tempo
il bottino sarebbe più ingente con altra cavalcatura
poiché sotto il rullo compressore della storia
il mare ci insegue come un incendio
Quando la scrittura porta e custodisce l’anelito di bellezza. Quando la scrittura consente di sviscerare il conosciuto e l’inconosciuto, permettendoci di scendere a piedi nudi nei giardini dell’anima. Quando la scrittura segue il flusso elegante ed equilibrato del verso, facendone uno spartito da leggere ad alta voce, da meditare. Quando la scrittura nitida, cristallina come mare del Sud, adempie al suo ruolo aureo, sfuggendo al solo sommovimento interiore, e diventando per magia di parole escamotage ed energia universali. Quando la scrittura sa eludere il chiacchiericcio delle voci ordinarie e assurge a canto, bel canto del vivere civile. Quando la scrittura sa essere questo e tanto altro ancora, vale la pena davvero affidarsi alla penna dei poeti, che sono i bardi di questa umanità ferita, dolente.
Vitorino Curci è un grande poeta, musicista e artista visivo. È presente in numerose antologie di poesia contemporanea. Suoi testi sono stati tradotti in inglese, francese, tedesco, spagnolo, greco, rumeno e arabo. Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti. Dal 2019 cura la Bottega della poesia per il quotidiano la “Repubblica- Bari”. In campo musicale ha collaborato con numerosi musicisti italiani e stranieri, è presente in circa 60 album e ha diretto l’Europa Jazz Festival di Noci (1989-2000). Con le sue poesie ha vinto il Premio Montale per la sezione “Inediti”, nel 1999. E con la raccolta “Poesie” (2020-1997)- La Vita Felice, Milano 2021, con prefazione di Milo De Angelis – ha vinto il Premio Giuria Viareggio, nel 2021, risultando anche uno dei tre finalisti al Premio Viareggio – Rèpaci. Per Vittorino Curci, da sempre, la scrittura è il suo mestiere di vivere d’elezione. Nei suoi versi scorrono il sangue e i nervi, il connettivo, i neuroni, la pancia e la ragione.
Vittorino fa della poesia un avamposto, un fortilizio, un emblema di venustà, un antidoto contro le brutture ricorrenti. La sua poesia è l’esempio più calzante di bellezza, sia etica che estetica, è un discorso compartecipativo in cui l’”Io” rinuncia alle sue creste egocentriche, sa fare un passo indietro, coinvolgendo in un progetto d’ampio respiro il “noi”. È uscito, a dicembre 2022, per Musicaos Editore, il nuovo libro di poesie di Vittorino Curci dal titolo “Cadenze per la fine del tempo”. L’uomo, per innumerevoli motivi, nell’attuale società postindustriale, s’è staccato dalla Natura, sovente artefatta dalla nostra prepotente mano antropica. Curci è attento, in questi versi, all’umana specie, alle sue contraddizioni, alle sue sconfitte, ai suoi limiti. Vittorino è un poeta che sa descrivere l’incedere dell’umano sentire con il piglio avvolgente del musicista. Curci è attento a tutto, ai fragori e al contempo al silenzio dell’Homo sapiens sapiens. È un poeta che sa bere alla sorgente del nettare e dell’ambrosia divina.
Luciano Pagano di “Cadenze per la fine del tempo” ha scritto: “La poesia di Vittorino Curci si configura come un’etica per un mondo senza eroi, con degli assolo che emergono prima che il tutto ritorni all’origine, suonati con l’unico strumento che abbiamo per affermare la nostra libertà: il verso. Questi motivi vanno letti come sequenze intime di un dna poetico, ultimi tasselli di sé, della propria lingua, che culmina in un tentativo di “sequenziare” il mondo rifuggendo ogni solipsismo, raccontando la frattura fra uomo e natura, da una parte, e tra uomo e storia dall’altra”. E, in effetti, il poeta evoca un universo di esseri umani comuni, senza mai ripiegarsi su se stesso, sempre ben disposto agli eventi degli altri, mai chiuso in una solitudine invalidante. La poesia di Vitorino Curci è un porto aperto di varia umanità. C’è un respiro di vita quotidiana nei suo versi. “Nel tragitto verso la casa si sente un odore di legna bagnata. La campana suona l’angelus. Una donna anziana, con immane fatica, attraversa la strada reggendo i sacchetti della spesa”. “Il figlio della signora ha gli stessi occhi penduli del carrozziere biondo che cantava come prima più di prima t’amerò”. “Il cameriere in un angolo taglia il pane”. “Nei capannoni industriali l’eco delle voci è come un freddo che trafigge i cappotti”. “Ai primi di giugno andammo di corsa a gonfiare la camera d’aria del pallone di cuoio da pietrino il benzinaio”. Nella poesia di Curci, il verso sovente s’arricchisce di sonorità. Appaiono, in “Cadenze per la fine del tempo”, figurazioni liriche di suasivo effetto. “Sui mandorli dei rami esplodevano i fiori”, “rigoglio di felci e fiori gialli cui festeggiavano le api”. E ancora, “i lattanti esanimi si svegliano ai primi botti e ridono, ridono a crepapelle”. “Nell’azzurro del cielo ombreggiato di stormi e stormi d’uccelli”. “Sui sedimenti i bambini piantano fiori di plastica”, “i rami ricamati dalla brina”. Oppure ancora, “quando la sera salivamo sui tetti, le oche selvatiche lasciavano i canneti. “Su mani e labbra il nero succo di more”, “le nuvole grigiazzurre sui rami stremati dal peso dei frutti”. Curci, inoltre, ci dona immagini sorprendenti, come quando scrive: “operai che portano le ultime carabattole per completare la scena”; “la nuvola sopravvive a se stessa resistendo allo scurirsi del cielo e alle nostre languide alleanze; “il giorno del giudizio avverrà in un tempo astrologico, con una lucciola sul palmo della mano; “la casa era fresca e aveva anche la radio: la voce dei pozzi”. Talvolta, in “Cadenze per la fine del tempo”, vengono rammemorati i periodi passati, come quando, ai tempi del nonno, si spillava la botte buona e si trascorrevano ore in silenzio a guardare il mondo inanimato degli oggetti e le cose mortali. Il passo seguito da Vittorino è altamente propositivo e, di fatto, nelle sue poesie viene celebrata la mansione comunitaria della poesia. Sostiene Luciano Pagano: “Nei versi di Vittorino Curci c’è un anelito che rende tutto prossimo e tutto accomuna nella vicinanza di un percorso che, seppure in un paesaggio moralmente catastrofico, è un sentiero di rinascita”. Vittorino narra l’esistenza né con rassegnazione, né con enfasi, ma presceglie e predefinisce la sua idea di contemporaneità e la offre con grazia ai suoi lettori. Di oggi e di domani.
l’uomo che non ha più niente
siede sul sasso all’ingresso della caverna.
siede e piange per ore
ancora al suo istinto di concretezza
non sa come scongiurare
un dono illacrimato
Marcello Buttazzo
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