di Marcello Buttazzo – Di recente, è stato pubblicato per il Magazzino di poesia di Spagine il libro di versi “Poi, si celano meraviglie” di Viviana Indraccolo. Ho il piacere e il privilegio di conoscere personalmente Viviana, che è donna appassionata, sensibile, studiosa, sempre solerte ad adoperarsi nell’impegno civile e umano. Apprezzo la sua dolcezza, la bontà, l’onestà intellettuale, la sua visione morbida della vita. Il suo attaccamento all’esistente, bordeggiato ai margini, fuori dai contesti altisonanti, scoppiettanti e stridenti di certa cultura dominante. Leggere tutto d’un fiato, come un respiro di vento, come un palpito d’anima, come un trasalimento dello spirito rinvigorito, la sua silloge poetica, è stato per me un gioco ineludibile, amato, desiderato.

“Poi, si celano meraviglie” reca il sottotitolo “Diario dei giorni”. E, in effetti, si tratta d’una sorta di quotidiano diario intimo dell’Autrice, redatto giorno per giorno, ora per ora, istante per istante. La raccolta poetica scorre, di fatto, come un fluente racconto, come un fiume in piena, con un incedere e procedere scritturali eleganti, senza orpelli linguistici, senza artifici del pensiero e della parola. Il lettore viene subito colpito dalla linearità e bellezza del racconto di Viviana, che ha però un suo intimo rigore sintattico. Tutto si svolge in un rigoroso quadro semantico. Il suo è davvero un “Diario dei giorni”, perché prevale lo spirito diretto della narrazione.  Quella di Viviana è, per l’innanzi, poesia degli affetti, dei vissuti, dei ricordi, della reminiscenza vibratile d’amore. Della luce. Protagonisti assoluti sono i suoi amici tanto amati, i parenti, la cara nonna, la speciale gatta nera dagli occhi verdi “Signora Mina”. Omaggi al teatro, all’arte, alla danza, ad Andrea Pazienza, compaiono con un fervore e una pulizia di sentimenti. La sua è, senz’altro, poesia della luce, degli albori aurorali, che appaiono nel cielo della terra, dopo la lunga, interminabile notte. Solo chi ha traversato il dolore, chi sa consapevolmente rammaricarsi di stagioni perse, chi ha respirato lo scuro, può essere in grado di trasformare la propria vita in nuove e propositive aurore vitali. Poesia della luce, che sa metabolizzare e far sedimentare gli eventuali inconvenienti dell’alterna ventura, per edificare novelle ragioni per percorrere, ridestati, gli incerti selciati dell’esistenza. Con questo accorato e, a volte, dolceamaro diario, l’Autrice ha scandagliato a fondo gli anfratti più profondi del proprio sé, fino a risalire come una rabdomante alle scaturigini dell’essere. Viviana davvero con un approccio, che oserei definire sophianalitico, si addentra nei meandri del proprio vissuto, filtra d’amore i possibili momenti bui, e ci riconsegna un dipinto poetico di ciò che ci spetta, fa decantare il travaglio o le insoddisfazioni, apre le ali colorate come lepidottero di cielo verso la conquista della libertà. Quella del cuore. Quella dell’anima.

L’indole di Viviana somiglia molto alla mia. Entrambi sappiamo che, per essere persone umane contegnose, è necessario prendersi cura prima di se stessi, del proprio dinamico equilibrio in perenne spostamento, per giungere ad una accettabile e serena definizione della propria multiforme identità. E poi, è fondamentale prendersi cura dell’altro da sé, entrare non in contatto simbiotico ma empatico con i diversi universi degli altri. Poi, si celano meraviglie. “E poi guardare al cambiamento, alla spinta verso l’altro, alla ricerca di sé, all’amore per le piccole cose, alla ricerca del perdono verso se stessi, sperando in quello degli altri…alla speranza…Alla gratitudine per quello che si ha, all’amore per la vita. È questo che mi ha portato a scrivere questi pensieri, spesso bui, a volte pieni di speranza. Mi hanno ridato coraggio e forza per andare avanti…”, scrive in conclusione l’Autrice. Grazie Viviana.

Marcello Buttazzo