Del “devoto” Matteo
di Marcello Buttazzo –
La propaganda ha il fiato corto, il passo malfermo. Matteo Salvini, si sa, è uno spirito ardentemente “devoto”, un cristiano e cattolico ligio, tanto praticante che sui palchi dei comizi sfodera come una clava da combattimento rosari da sgranare, bibbie su cui giurare. Di certo, il leader della Lega non poteva restare insensibile all’invettiva, al richiamo di dolore della Cei alfine di riaprire le chiese ai fedeli. Soprattutto in questi ultimi tempi che i consensi del Carroccio (secondo le risultanze di attendibili sondaggi) sono in drastico calo, lui cerca di cavalcare sempre il più produttivo cavallo di battaglia. Si tratti di immigrati o di cattolici, va sempre bene. Infatti don Matteo ha dichiarato: “I vescovi reclamano libertà di culto, assolutamente condivisibile”. Eppure, i suoi “illuminati” pareri sull’emergenza Covid- 19 cambiano continuamente, da una diretta Facebook all’altra. A fine febbraio, per colpa dei cattivi migranti neri che vengono dal mare, Matteo padano invocava provvedimenti radicali e la chiusura dei confini: “Serve l’ascolto dei virologi e degli scienziati”. Dopo qualche giorno, sempre al bar lo sport della piazza virtuale, invece sosteneva: “Chiediamo al governo di accelerare, riaprire, aiutare, sostenere”. A metà marzo, invece, voleva di nuovo chiudere tutto, mettendo in sicurezza 60 milioni di italiani. Ora a fine aprile è ritornata la verve aperturista: aprire chiese, negozi, fabbriche, tutto. Che dire? Questo è un politico attendibile?
Marcello Buttazzo
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