Rosa Teruzzi, Milano in noir
di Antonio Stanca –
Al 2016 risale il romanzo giallo La sposa scomparsa di Rosa Teruzzi, che ora è stato ristampato da GEDI per la serie “Brivido Noir”.
La Teruzzi è nata a Monza nel 1965 ma è vissuta a Milano dove ha iniziato a lavorare come giornalista e poi per la televisione come autrice o presentatrice di programmi di attualità, cultura generale, musica, cinema. Di lei si può dire che è stata un personaggio noto prima che cominciasse a scrivere e che la cronaca nera è stata il suo interesse primario sia in televisione sia in narrativa. I delitti del casello è il titolo della serie di romanzi gialli composta dalla Teruzzi a partire dal 2016.
La sposa scomparsa è il primo. Ha scritto pure altri romanzi e racconti ma il suo nome è rimasto legato a quella serie perché la più riuscita. L’ambiente del romanzo e degli altri della serie è la Milano dei Navigli, la Brianza con la sua ampia distesa, i suoi tanti centri grandi e piccoli, compresi quelli che giungono al lago di Como. Tra il Naviglio Grande e il quartiere popolare del Giambellino c’è un casello ferroviario che nonno Spartaco ha ristrutturato e dove adesso abitano la vecchia Iole, la figlia Libera e la nipote Vittoria, che lavora in polizia. Iole e Libera sono vedove e mentre la prima è più disinvolta, più pronta nel pensare, nel fare, la seconda è più riflessiva, si muove più lentamente, è spesso assalita da dubbi, inquietudini, turbamenti. Vittoria, ancora signorina, non sta molto tempo in casa anche perché diversa è da entrambe. Distante è soprattutto dalla madre, alla quale non ha mai perdonato di non aver voluto sapere delle vere cause, dei veri responsabili della morte del padre, anche lui poliziotto, trovato ucciso.
Libera ha allestito presso il casello un piccolo laboratorio dove confeziona bouquet per spose e ci riesce tanto bene da avere una clientela abbastanza numerosa. Nonna Iole si sposta, viaggia in continuazione, si ritrova, s’innamora, sta con amici vecchi e nuovi. Si sente sempre in forma, pratica esercizi fisici e spirituali.
Nonostante risiedano lontane dal grosso movimento del centro sono con questo collegate sia per il lavoro della madre e della figlia sia per le amicizie della nonna. Andrà a trovarle, tra le altre persone, Rosalia che vive col marito ad una certa distanza dal casello e che molti anni prima, ventisei, ha perso la figlia Carmen senza che se ne fosse mai saputo il motivo, il responsabile, il colpevole. Di lei non si era trovata alcuna traccia, alcun resto e il caso era stato archiviato. Piuttosto sommario era sembrato alla madre questo procedimento e non si era mai rassegnata all’idea di una simile scomparsa. Andava, quindi, al casello per chiedere alla poliziotta Vittoria di interessarsi del caso e, se necessario, riaprirlo. Questa, insofferente, inquieta, non era molto disposta, intendeva farlo senza fretta e senza molto impegno. Sarà il motivo che, insieme all’altro della compassione per la madre della ragazza scomparsa, metterà in moto Libera e Iole. Diranno di essere giornaliste, di cercare notizie per il loro giornale e intanto pedineranno, interrogheranno persone che col caso di Carmen erano o potevano essere collegate. Cominceranno dal suo ex fidanzato Manuel, al quale allora era stata attribuita l’azione omicida nonostante fosse stato assolto da ogni sospetto, e finiranno lontano, tra case, persone e vicende molto diverse. Si attireranno i rimproveri degli organi di polizia che si vedranno oltrepassati dalle due donne ma non si fermeranno e alla fine sarà Libera a scoprire la verità, la triste e terribile verità.
Molti personaggi ha messo in moto la Teruzzi in questo libro, in molte situazioni li ha fatti vedere e sempre chiara, facile è riuscita nell’esposizione, sempre capace è stata di coinvolgere chi legge, interessarlo, incuriosirlo. Sono le qualità che la scrittrice mostrerà di possedere anche in altre opere, sono quelle che la distingueranno nel contesto degli autori italiani contemporanei.
Non si propone fini specifici la sua narrativa, non ha aspirazioni particolari se non quelle di provare, documentare come sia diventata complicata la vita moderna, quanto si nasconde dietro le apparenze. È stata la sua formazione, la sua tendenza da giornalista a portarla alla scrittura narrativa e in questa non ha perso completamente i modi di quella.
Antonio Stanca
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