Paolo Vincenti e “I Segreti di Oppido Tralignano”
di Rossella Maggio
Conosco Paolo da tempo e ho sempre apprezzato la sua verve stilistica quanto la sua indiscussa ed eclettica preparazione culturale. Profondo umanista e conoscitore dei classici greci e latini, non disdegna affatto gli alternativi e più recenti codici narrativi in cui si declinano le diverse sfaccettature artistiche, da quelle musicali e cinematografiche a quelle relative alla fumettistica e al mondo dello spettacolo, che tanta parte hanno avuto nella formazione delle generazioni del secondo dopoguerra. Ed è divertente – lo dico da scrittrice – assistere al divertissement cui si lascia andare lo scrittore quando, incurante del giudizio della critica, si concede al piacere esplosivo e caleidoscopico della narrazione, quando cioè viaggia veloce tra associazioni, collegamenti e riferimenti in ogni campo e di tutto rispetto, che forse non è dato di cogliere pienamente a tutti i lettori, ma che rendono la lettura estremamente gradevole ai palati più raffinati. Ciò non toglie nulla al racconto, il cui intreccio, fatto di capitoli brevi e concatenati, resta appassionante per chiunque, ma lo arricchisce vieppiù agli occhi del lettore esigente, il quale si diverte dal punto di vista letterario e lessicale grazie al divertirsi dell’autore nel comporre il suo romanzo, o romanzo breve come in questo caso.
Oppido Tralignano è una città- verrebbe da dire una città fortificata e recintata anche e soprattutto tralignata psicologicamente -senza luogo e senza tempo, in cui si aggirano forze oscure prese a prestito dalla più efferata narrativa dell’horror. Nell’aria che vi si respira, pesante e viziata, le vite degli abitanti si crogiolano e scorrono indifferenti ed essi restano oggetto della sferzante ironia dell’autore. Si può dunque parlare di metanarrazione, nella quale appare evidente l’intervento dell’autore all’interno della struttura narrativa (vedi anche l’inserimento della presentazione del suo stesso romanzo in un capitolo del libro) come esito conclusivo del filone Global Novel, cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, al cui interno si ritaglia un posto d’onore il realismo magico che va da Borges a Marquez ad Allende e a tanta parte della letteratura latinoamericana, ma non solo: altro e non esaustivo esempio, Murakami. Nel realismo magico confluiscono elementi di verità mescolati a elementi di fantasia, horror e, a volte, esoterici. Un tratto caratteristico di questa corrente letteraria è quello di attingere a più registri linguistici e lessicali e di evitare o sfasare volutamente le categorie spaziotemporali, come anche il ridursi della dimensione privata a favore dell’identità di gruppo. E tutte queste peculiarità sono manifeste in questo altro gradevole, colto, spiritoso e intrigante lavoro che Paolo ci offre con la modestia e la generosità intellettuale di sempre e con tutto l’entusiasmo che lo contraddistingue.
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