Nelle storie il sapere la vita
di Mauro Marino –
La vita matura in noi, muove il sentire, lo calibra nelle relazioni con le cose intorno, con l’ambiente, con l’altro da noi disegnando la nostra unicità; il “destino” – col suo mescolare, casualità, fatalità, scelte – muove la nostra intima poesia, la confonde con il fare. Saper restituire alla vita ciò che, in bene e in male, ci ha donato è un atto catartico: purifica e rinnova l’energia nel continuo divenire di noi al Mondo. Non tutti ne sono capaci, molti non si pongono il problema, stanno nella vita e basta, altri, lo sentono necessario e agiscono per render grazia, tutto sta nel trovare il modo per farlo. Prerogativa dei creativi, degli artisti, è la consapevolezza del dover darsi nel dono; sperimentarsi nella ricerca di forme per dare luogo alla propria necessità espressiva è dire grazie alla vita, rendere omaggio al respiro che in essa ci tiene.
Monica Lisi è un’artista, una pittrice, una militante della vita, lo è per sua natura, lo è per tradizione familiare. Lei continuamente si sperimenta e, in “Faccio una storia”, come nei “corpo a corpo” che danno vita alle sue tele, provoca la scrittura, osa, sperimenta. A intrigarla, questa volta, è il voler trasferire il passo, l’immediatezza della comunicazione dei “social” sulla pagina. La dichiarazione d’intenti è nella nota che apre la raccolta di racconti edita Esperidi: «Dedicato all’età contemporanea e alla rete. Ai social, ai like, alle amicizie virtuali, alle condivisioni, ai tag…». E il “faccio una storia” del titolo è proprio nell’idea della “storia” che tanti postano su facebook o su instagram, quella “finestra” in evidenza per un tempo determinato sulla vetrina del profilo personale; la conoscono bene gli atleti e le atlete del tastierino. Un impegno quotidiano che richiede allenamento, costanza: cercar la posa e… click, via… si è in rete a sollecitare la curiosità e l’agonismo dell’altra/o.
Nelle prime pagine del libro – in un divenire sincopato, quasi jazzistico – una sequenza di brevi brani, questi titoli: “in diretta-dura quanto voglio”, “boomerang 10 secondi”, “normale 600 secondi”, “superzoom”, “senza tenere premuto” e… via via a sperimentare le modalità dello strumento “storia”, per poi passare – dopo un’infilata di brevissime narrazioni “a passo uno” – a un lungo “rewind”, dove le storie prendono corpo, si dilatano in racconti capaci di accogliere un pensamento profondo e interiore dove, quella restituzione a cui accennavo in apertura, prende forma. Raccontare l’accaduto che l’ha riguardata non è per Monica autobiografismo, lei rende partecipe l’altro della complessità della sua storia, non per narcisismo ma perché è la straordinarietà di ciò che lei ha vissuto che le chiede di farlo. Un “atto poetico” farsi autrice, a suggello di tutti quelli spesi nell’affrontare la particolarità di vicende complesse, drammatiche a volte, ma anche leggere dov’è l’ironia a far da guida nel trovare o subire esiti. Storie che riguardano l’autrice utili a dare forza all’altro, condividere il dolore, l’entusiasmo per un cambiamento, la bellezza incontrata in un viaggio, la festa per il divorzio, l’amore per le figlie… Temi di una contemporaneità sempre più stringente dove, spesso, trovare vie utili alla vita appare impresa impossibile. Quell’impossibile Monica Lisi, lo affronta, si da pace, recupera il respiro e ricomincia.
Ah, dimenticavo: il cibo, ce n’è nel libro che si chiude proprio con un ricettario, a far riepilogo ricordandoci che il sottofondo (della vita) ha sempre un gusto saper lo assaporare fino in fondo è “render grazia”: restituire alla vita ciò che ci ha donato! Saperne il sapore.
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