di Gianni Ferraris –

Sotto un carrubo, una sera d’estate, ascoltando parole lette e dette, suonate e leggere. E rimanere affascinati dai versi di Marcello Buttazzo, da quel “…cielo degli azzurri destini, per ritrovare tracce di me…”

E per dirla con il prefattore, altro poeta che sa trattare le parole con tenacia, con amore, Vito Antonio Conte, “Sognare… un amore invincibile… Ecco la pratica scritturale di Marcello…”

E c’è amore in quei versi, declinato in tutte le lingue che conosce. Amori rincorsi, vissuti, desiderati. Amori , appunto, invincibili.

“Non si può fare poesia senza una tensione emotiva forte” mi diceva un’amica che, anche lei, scriveva versi, neppure, aggiungo io, vale la pena di riempire le scrivanie, o le mail, di editori che riconcorrono caparbiamente la buona scrittura e si ritrovano migliaia di parole arruffate, scomposte, improbabili. Con Marcello non è così, quelle parole non sono mai casuali, arrivano direttamente da un cuore grande che ha saputo ereditare e selezionare il meglio della poesia non solo salentina, ovviamente, che ha avuto l’umiltà di mettersi davanti a tutto il suo vissuto. Ecco allora i versi dedicati al padre, alla madre, a quell’amore post adolescenziale,  forse finito, ma con profonda eco. All’ulivo “dalle virenti piume” e ai contadini che sono “la storia più vera del mondo”

E ancora amore in quei mari in cui “naufragammo più volte”, mari istituzionali di un occidente maledettamente obeso. Che richiamano il Buttazzo della prosa cruda che dipinge nel mare magnum del web le brutture e l’inverosimile vero di un mondo che pare girare al contrario, un mondo in cui l’assurdo diviene quotidianità.

Le facce di Marcello Buttazzo declinate in tante  sfaccettature, ma sempre con la tensione del poeta che non si sa dare ragione, che le ragioni suggerisce, spesso inascoltato, come succede ai poeti, a chi sogna, a chi ha un’utopia. Però esiste una speranza:

“… di notte

Sbrigli matasse

E fai bonacce d’anima

Plachi ogni tempestosa rimembranza

Poi d’improvviso

Viene l’alba,

l’alba di rosa

l’alba di viola.

L’intemerata aurora.”

Esiste una leggenda legata al carrubo. Guglielmo II, che era devotissimo alla Madonna, stanco per la troppa caccia, si addormentò sotto un albero di carrubo. Nel sonno gli apparve la Madonna che gli disse: “Nello stesso posto dove tu stai dormendo c’è nascosto un grande tesoro: scava e quando lo trovi costruisci in questo stesso luogo un tempio”. Il buon re, svegliatosi,  chiamò i suoi uomini e ordinò di sradicare il carrubo e di scavare sotto. Fatta una buca profonda apparve veramente il tesoro. Fece chiamare i migliori architetti, i più esperti muratori e i più bravi mosaicisti “i mastri di l’oru” e subito si diede inizio ai lavori realizzando così una meraviglia architettonica il duomo di Monreale. I Siciliani furono entusiasti per tanta bellezza, nominarono “imperatore” il buon re Guglielmo.

E’ successo di nuovo, in una sera d’estate il carrubo ha donato un tesoro fatto di parole, versi, musica, voli di fantasia.

Marcello Buttazzo
Guardai nel tuo cielo Il cielo degli azzurri destini, per ritrovare tracce di me .
Quaderni del Bardo Edizioni