di Antonio Stanca –

Di questo mese è la più recente pubblicazione, presso Einaudi, della scrittrice, saggista, sceneggiatrice Michela Murgia. Un saggio che s’intitola Stai zitta (e altre nove frasi che non vogliamo sentire più). Insieme a quella del titolo sono le frasi che generalmente vengonorivolte alla donna da parte dell’uomo e che fanno emergere la condizione di lei come essere a lui inferiore, sottoposto, costretto ad ubbidire.

Michela Murgia è nata in Sardegna, a Cabras, nel 1972. Dopo aver compiuto gli studi superiori ed essersi impegnata in vario modo ha cominciato a scrivere. Notevoli sono stati i successi riportati dalle sue opere,anche premiate (Premio Dessì, Campiello, Super Mondello, Morante) sono state e,unite al suo impegno volto ad estendere, diffondere in ambito sociale la conoscenza, la discussione di quanto attualmente succede, hanno fatto di lei un personaggio noto non solo a livello nazionale. Sua è la presenza, la partecipazione in importanti manifestazioni politiche, culturali anche straniere, nelle quali riveste ruoli di rilievo.

Nuova, moderna è la figura di Michela Murgia, accanto alla scrittrice c’è l’intellettuale che s’impegna nella divulgazione, nell’interpretazione, nella spiegazione dei tanti problemi ai quali la modernità è giunta e che gravi sono diventati perché trascurati, rimandati, mai risolti. Essi non saranno soltanto i temi di tante sue opere ma anche gli argomenti di un’attività che è diventata quasi frenetica e che si svolge tra radio, televisione, teatro, Azione Cattolica, laboratori di lettura, conferenze e quant’altro ritiene utile.

Ha quarantanove anni la Murgia e da quando ne aveva appena venti impegnata è stata a rilevare, denunciare quanto ancora era rimasto sospeso, il caso che ancora procedeva sotto gli occhi di tutti e quasi a loro insaputa. A volte eranofenomeni apportati dalla modernità, insorti col tempo, altre erano storie che si trascinavano dal passato più remoto e che ancora non avevano avuto una sistemazione. Quella della condizione femminile è una di queste, viene da lontano la concezione che la donna debba accettare uno stato di sudditanza, di inferiorità rispetto all’uomo anche quando gli sviluppi, le conquiste, le emancipazioni sono state tante.

Molto ha fatto, molto ha scritto la Murgia al riguardo ed ora vi è tornata con Stai zitta. E’ un saggionel quale innumerevoli, infinite sono le situazioni, le circostanze che la scrittrice adduce per esemplificare come la donna sia stata e sia ancora una figura di secondo piano. Dice di persone comuni, di donne di casa ma anche di donne importanti, di professioniste ma anche di incaricate di alte mansioni,e mostra come tutte abbiano subito e ancora subiscano un trattamento poco decoroso. Gli esempi vanno dal passato al presente a conferma di un ambiente sociale che è rimasto maschilista, sessista, che non era e non è disposto a concedere molto spazio alla donna, a mettere in discussione la preminenza della figura maschile. Non si sta come prima, osserva la Murgia, ma non è cambiato molto, non si è fatto molto se si pensa a quanto di nuovo è avvenuto nella società, nella storia.

Stavolta, però, in quest’opera si sofferma a mettere in evidenza le parole, le frasi, le espressioni che generalmente vengono rivolte da parte degli uomini alle donne. Ha indagato sul linguaggio ed ha scoperto che alla donna ci si rivolgesenza molta attenzione, senza cura ma d’istinto, d’impulso, a lei si dicono parole poco gradevoli, poco garbate. Non avviene sempre e ovunque ma diffusa, frequente è questa maniera sia in privato sia in pubblico. Né, dice ancora la Murgia, si può credere che l’esempio di alcuni casi o ambientipiù corretti possa servire ad avviare verso la soluzione del problema poiché è necessario che questo entri a far parte della coscienza, della morale collettiva tramite opere estese di educazione civica, di sensibilizzazione, tramite vere e proprie campagne di formazione civile, morale condotte dai mezzi di comunicazione di massa.

Non è facile, lo si può solo pensare, progettare, non si può sperare di cambiare completamente quanto i secoli hanno determinato, fissato.

È una triste constatazione, una drammatica verità poiché porta con sé l’altra della donna ancora destinata solo a certi compiti ed esclusa da altri.

Antonio Stanca