di Marcello Buttazzo –

A Lecce, presso la Chiesa “Della Nova”, in via Idomeneo, fino al 20 settembre, si può assistere alla personale di scultura “L’Altrove” di Claudio Rizzo. Ci possiamo approssimare alle opere di Claudio con lo sguardo trasognato. I suoi lavori, oltre alla segnatura oggettiva e storica, hanno una portata immaginifica. Opere che esprimono un definito, un sostanziale, che però possono essere interpretate in vario modo. Soprattutto tramite il medium della poesia. Il poeta Ennio Cavalli sostiene che per essere poeti non sia necessario scrivere versi, ma osservare la Natura e il mondo dell’esperienza con occhi da poeta. E Claudio, con una visuale d’incanto e di stupore (prerogative essenziali del “fare poesia”), plasma, modula, modifica, trasforma la materia. Mai la tiranneggia- la materia-, ma sempre piega la sua mano secondo l’incedere e il procedere d’un sogno. La materia viene lavorata da Claudio con armonia. E la materia si mette in sintonia con l’artista e con i visitatori. Claudio impiega, nei suoi lavori, la pietra, il ferro, la terracotta, il legno, il tessuto, la resina. Così ne “La nave di Noè”, “La nave di Ulisse”, “La nave di Teseo”, “La nave di Caronte”. Oltre alle notazioni storiche e mitiche, le opere fanno presagire al viaggio. All’eterno e imperituro viaggio dell’esistenza e della conoscenza. Al cammino compiuto, per mari tempestosi talvolta, serafici altre volte, alla ricerca d’un sé, alla lenta e paziente strutturazione della propria identità, sempre in perenne e dinamico divenire. “Palomba” suggerisce il volo, invita a compiere con la fantasia una evoluzione sulle evenienze umane, spesso troppo asfittiche. Liberando la fantasia si possono edificare nobili imprese. In “Mirra e Adone”, scultura polimaterica del 2020, si pone l’accento sulla nascita della bellezza. Per l’appunto, la ricerca del bello. L’artista, quasi istintivamente, epidermicamente, si muove respirando e annusando il bello, scandagliando il proprio sé e quello degli altri, per portare alla luce giacimenti di calie preziose, da donare all’umanità. Nelle tre opere (Inferno, Purgatorio, Paradiso), c’è un rimando denso di metafore, in cui la materia lavorata si presta ad una plasticità molto favorevole. “Protèsi” è un’opera fatta di ferro, di resina, di legno. Una sorta di albero della conoscenza. Gli uomini e le donne percorrono i sempiterni selciati, epperò ambiscono al cielo. Claudio Rizzo con l’”espediente” fisico della materia tratteggia e simboleggia luoghi e stati immateriali, luoghi dell’anima. La sua arte appare distillata e priva di scorie, purificata, ancorata ad un’idea aurea di serafica accettazione della realtà.

Marcello  Buttazzo