di Antonio Stanca –

Allegato a “la Repubblica” è uscito tempo fa il breve volume Elogio dell’italiano (Amiamo e salviamo la nostra lingua) di Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca. Vi hanno collaborato Claudia Arletti e Michele Serra. Si tratta di una lunga intervista alla quale lo studioso si è concesso e durante la quale ha discusso e chiarito problemi vecchi e nuovi della lingua italiana, ha spiegato molte situazioni rimaste ancora poco chiare, ha offerto una visione quanto mai precisa dell’attuale condizione dell’italiano, ha prospettato gli sviluppi futuri di questa lingua. 

Marazzini è nato a Torino nel 1949, si è laureato nel 1972 e dopo aver insegnato nelle Università di Macerata e Udine è ora professore ordinario di Storia della lingua italiana nell’Università del Piemonte orientale a Vercelli. Anche in università straniere ha tenuto corsi e la storia della lingua italiana, il suo confronto con quella delle altre lingue europee, la storia del vocabolario, lo studio del lessico sono gli argomenti ai quali ha prestato maggiore attenzione.

Molti saggi, molti libri ma anche molti articoli su riviste specializzate ha pubblicato lo studioso. Anche manuali per la scuola ha scritto, antichi testi ha ricostruito e commentato, ha curato rubriche su alcuni giornali. Dal 1999 ha cominciato a far parte di Associazioni culturali, dal 2011 è stato accademico ordinario della Crusca, dal 2012membro del Consiglio Direttivo dell’Accademia e dal 2014 è il Presidente.

In tale veste ha scritto l’attuale Elogio dell’italiano, dove accetta di essere intervistato da un attento osservatore di fenomeni linguistici, intento a ricavare dalle sue dichiarazioni quella chiarezza che manca nella situazione della nostra lingua ormaida tempo esposta a molti rischi, a molti pericoli. Più di ogni lingua romanza, osserva l’Accademico, l’italiano si è mostrato debole, indifeso di fronte agli assalti della modernità, di fronte a quanto proveniva dall’esterno ma anche dall’interno. Con facilità ha ceduto all’invasione di quell’inglese che ormai è entrato dappertutto, in ogni settore della vita civile, sociale, non solo di quella culturale o di quella dei giovani, del loro linguaggio, della comunicazione telematica. Il problema dell’inglese si è tanto aggravato da essere arrivati a far chiedere, da parte di alcuni centri di cultura, l’abolizione dell’italiano al loro interno. Solo in questi casi, dice il Marazzini, le istituzioni si sono fatte sentire, hanno appoggiato l’opposizione della Crusca ed hanno respinto richieste del genere. Per il resto non c’è stata in Italia, da parte degli organi legislativi e in genere dello Stato, un’operazione concreta, precisa, finalizzata alla salvaguardia della lingua italiana neanche presso scuole, Università, che più a diretto contatto col problema si sono trovate e si trovano.

E non solo dall’inglese,“nemico esterno”, non si è stati capaci di difendersi o almeno di ridurlo entro certi limiti ma neanche dai “nemici interni”, da quelle creazioni, cioè, da quelle modifiche che in modo del tutto arbitrario vengono apportate nella linguaitaliana dai giornali o dalla televisione e che rimangono, diventano regole e non accettano di essere rimosse. Per fare qualche esempio si dirà dell’uso ormai diffuso e accettato di termini quali sindaca,ministra, del piuttosto che invece di o, della tendenza a sostituire il congiuntivo con l’indicativo, ad usare solo verbi in -are. Di questi e di tanti altri casi dice il Marazzini durante l’intervista, dice pure di come siano ancora resistenti in Italia i dialetti, si sofferma, insomma, su tutti i problemi che hanno fatto dell’italiano, di una lingua che veniva da un passato glorioso, che fino a tempo fa dagli studenti stranieriera preferita tra le lingue romanze poiché espressione di una tradizione letteraria e artistica non comune, un campo dove di tutto può succedere poiché scarsa attenzione, scarsa cura vi si dedica. Una nazione priva d’identità sembra avviata a diventare quella italiana dal momento che con la lingua si perde un elemento d’identificazione tra i più importanti.

Sorprende, tuttavia, come lo studioso, di fronte a constatazioni del genere, a problemi così gravi, non assuma un atteggiamento di totale negazione, di assoluto rifiuto circa quanto sta avvenendo nell’ambito della lingua italiana ma si mantenga su una posizione sospesa nella quale anche quegli errori sembrano trovare un loro posto in nome delle modifiche, dei cambiamenti che ogni lingua, quale organismo vivente e in continua evoluzione, deve contenere.

Antonio Stanca