di Marcello Buttazzo –

Amleto Sozzo è un pittore e scultore, appassionato intimamente di poesia. L’ho conosciuto, anni fa, a Lecce, in alcune serate di letture condivise. Un uomo perbene, attento ai rapporti umani, anima delicata e sensibile, curioso esploratore del bello. Ricordo, tre anni fa, passò da casa mia, a Lequile, mi fece salire sulla sua auto e mi portò a Gallipoli. Lui ama il mare, la sapienza dei pescatori. Quel giorno camminammo, come cercatori di calie, per le vie della città vecchia. Io vedo in Amleto una figura paterna, un uomo saggio, dal quale riconoscere e apprendere l’arte della vita lenta. Anche ora che non lo incontro da un po’ di tempo, lui resta per me una figura di riferimento, una guida, una persona luminosa, che custodisco nelle pieghe dell’anima. La sua gentilezza si riverbera nei suoi versi lineari, che sono uno specchio d’interiorità pura, d’un individuo in continua ricerca, in eterno apprendistato, sempre pronto a leggere, a studiare, ad imparare. Nel 2018, Amleto Sozzo ha pubblicato, presso la Tipografia Panico di Soleto, una raccolta di poesie (fuori commercio), dal titolo “non ho una casa a peristeri”. Versi redatti esclusivamente per i suoi amici e amiche, perché lui è fatto così: crede visceralmente nel valore assoluto dell’amicizia, che sazia, che nutre, che ricuce le ferite dell’esistenza, che dà gioia. Rammento la presentazione del suo libretto, una sera del 2018, presso il Fono Verri di Lecce. Appena arrivai, Amleto mi saluto, mi abbracciò, e mi diede la sua raccolta di versi, con una raffinata copertina bianca, con la dedica indelebile: “Caro Marcello, caro amico, caro fratello”. In questi giorni di “reclusione”, di “confinamento”, ho più volte pensato al valore indiscusso e inerente dell’amicizia. Ho pensato ad amici poeti che ho nel cuore, come Vito Antonio Conte, e che sono cardini della mia vita. Con certe persone amate siamo lontani, in questi giorni non ci siamo potuti frequentare; epperò, con essi c’è un filo intricato, che ci lega e ci avvince ad un’idea illesa. Quella dell’amicizia fraterna. La silloge di Amleto, “non ho una casa a peristeri”, l’avevo letta nel 2018. Sono tornato su questi versi essenziali, privi di orpelli, ultimamente. Fra i risvolti positivi dell’isolamento causato dall’emergenza Covid- 19, c’è questo ripiegamento su noi stessi, alla riconquista del tempo perduto, degli attimi sfuggiti, delle letture lasciate in sospeso. Ho risfogliato con piacere la raccolta del mio amico e ho provato la gioia della condivisione, l’ebbrezza della compartecipazione. Ho visto il suo sguardo francescano rivolto agli ultimi della Terra, ai migranti, perché tutta la vita nostra è errante, pellegrina. Ho visto la luce delle terre del Sud, la sapienza d’una Grecia genitrice, l’amore dell’Autore per il pensiero greco classico. La sua è poesia della semplicità, delle piccole cose (“penso alla vita/all’uva rosa/all’infanzia leggera/all’amicizia chiara/alla prima bicicletta/penso alla sera/alle luci spente/alle pietre bianche/ai corridoi senza fine/a chi cura con amore/”). Come sottolinea Maria Cucurachi, nella bella introduzione, “il verso non ho una casa a peristeri, utilizzato per il titolo della raccolta, dice allo stesso tempo l’amore per la Grecia e l’andare costantemente verso di essa, attraverso il tempo e lo spazio, e il rimpianto che non sia mai abbastanza, il rimpianto di non avervi ancora casa”. Come Alda Merini amava le osterie dormienti dove si celebrava il canto di Bacco, così Amleto descrive “le antiche taverne piene di pensieri gentili, tra le culture mischiate con sorrisi leggeri”. Nella fondata consapevolezza che il meticciamento e la contaminazione sono necessità ineludibili delle nuove civiltà. Il suo è il viaggio eterno della vita (“un tempo a mitilene figlie di afrodite, a casa di democrito odore di pane”). Il viaggio dell’Autore si svolge lungo i crinali del tempo, magari camminando in perenne movimento. Un uomo del dubbio, il nostro Amleto, dal momento che adesso che i dubbi sono diventati montagne, la vita del poeta è più leggera senza certezze. Molto tenere le poesie dedicate alla madre e al padre. Il padre con la schiena curva zappava la vigna. Nitida è l’immagine del piccolo Amleto, che da bambino saliva sulle ginocchia della madre per raggiungere il suo seno e sentirsi più sereno. Seguo Amleto su Facebook. Spesso posta versi di soave chiarore. Oppure canta con la chitarra o con il pianoforte sommesse parole. Lui impiega come un artigiano il medium della scrittura, per evocare pensieri fondi di luna, per rispolverare gioco, ironia. La sua rivoluzione quotidiana è il suo mestiere di vivere.

Marcello Buttazzo