Hiraide Takashi, come nelle favole
di Antonio Stanca –
Hiraide Takashi è un saggista, poeta e scrittore giapponese. É nato a Moji, nella prefettura di Fukuoka, nel 1950. A vent’anni era andato a Tokyo per studiare all’Università ma poi aveva cominciato a lavorare presso una casa editrice. Era molto giovane quando aveva esordito con poesie e racconti. Era passato ai romanzi ed ora è considerato uno dei maggiori autori giapponesi contemporanei. Molto conosciuto è anche in Francia, Inghilterra e America.
Da poco è comparso, come allegato al “Corriere della Sera”, un suo romanzo del 2001, Il gatto venuto dal cielo. La traduzione è di Laura Testaverde. L’opera fa parte di una serie di tre romanzi dedicati ai gatti, come l’autore dichiara in una nota finale, e tutti impegnati a riportare la verità, ad evitare la finzione, a rispettare i tempi di quanto rappresentato. E’ successo così che come Il gatto venuto dal cielo anche gli altri due siano diventati romanzi mentre all’inizio erano soltanto appunti di viaggio, abbozzi di diari, annotazioni, riflessioni. Sono diventati romanzi senza perdere quella precisione, quella puntualità che è propria dei diari. Sono piaciuti a moltissimi lettori e Il gatto venuto dal cielo è stato un bestseller in Giappone e in paesi stranieri. Si dice di due giovani coniugi venuti ad abitare nella dépendance di un’antica villa ed entrambi impegnati presso case editrici con mansioni di curatori. Lui anche con quella di autore. Lavorano soprattutto di notte, conducono una vita piuttosto modesta perché nel Giappone di quegli anni, ’70-‘90, si assiste ad un eccessivo rincaro dei prezzi in ogni settore. Non hanno figli e quel tipo di lavoro e di vita li ha allontanati. Tra loro, due persone quasi separate, verrà ad inserirsi un elemento nuovo, imprevisto, che le porterà ad avvicinarsi, a pensare, a fare le stesse cose, a riscoprirsi uguali. S’inserirà una gattina, Chibi, che era misteriosamente comparsa nel giardino della villa ed era stata assistita da una famiglia di altri affittuari. Era diventata la loro gatta ma aveva cominciato a frequentare anche la casa dei due e questi si erano mostrati disposti a riceverla, accudirla in ogni suo bisogno. Soprattutto lei starà attenta a Chibi e coinvolgerà lui in queste attenzioni. Finirà che faranno a gara per procurarle da mangiare, per farla stare bene, comoda, per capire le sue intenzioni. Lei crederà addirittura di parlarle e di avere delle risposte. Come una figlia, più di una figlia diventerà Chibi per loro, uniti si sentiranno grazie alla gatta, tramite la gatta, che frequenterà la loro casa più di quella dei vicini dalla quale proveniva.
Chibi, però, morirà investita da un’auto mentre attraversava la strada, quei vicini la seppelliranno ai piedi del grande olmo nel giardino e i due coniugi ne rimarranno addolorati: avevano perso quanto era diventato essenziale per loro, per la loro vita.
Col tempo i vecchi proprietari lasceranno la villa, la trasferiranno ai figli che la venderanno. Anche gli affittuari dovranno andarsene compresi i due coniugi. Vi torneranno, però, verranno sulla tomba di Chibi, pregheranno per lei come se fosse stata una persona vera, una persona cara. Tanto aveva potuto quella gattina, aveva trasformato la loro vita. Un personaggio era diventata nel romanzo del Takashi, capace l’aveva resa lo scrittore di ottenere quanto non sembrava possibile, di arrivare dove altri non erano riusciti, di far scoprire ai due i modi, le vie per stare insieme, per vivere una sola vita. Non si libereranno del suo ricordo, solo quello rimarrà mentre tutto intorno tenderà a cambiare. Solo quello si salverà di un tempo destinato a finire.
Una favola diventerà l’opera dello scrittore e come nelle favole non si distinguerà tra persone e cose, non si finirà di rimanere meravigliati di come un messaggio così importante, così profondo, sia stato ottenuto con mezzi così semplici.
Antonio Stanca
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