di Antonio Stanca –

Camminare è un breve saggio uscito dopo la morte del suo autore. Dal 2000 è cominciato a comparire in Italia per conto della Mondadori e recentemente dalla Mondadori è stato ristampato e inserito nella collana “Saggezze”. La traduzione è di Maria Antonietta Prina. Lo scrisse Henry David Thoreau, saggista, filosofo, poeta, scrittore statunitense, nato a Concord, Massachusetts, nel 1817 e qui morto nel 1862. Aveva quarantacinque anni, era ammalato di tubercolosi. Si era laureato in Filosofia all’Università di Harvard quando aveva venti anni. Spirito ribelle, irrequieto, molto pensava di fare, molto voleva fare, in molti sensi voleva muoversi. A venticinque anni aveva cominciato a scrivere, a tenere conferenze, a far conoscere la sua posizione di anarchico, le sue convinzioni di ambientalista, animalista. Era pure venuto a contatto con esponenti del Trascendentalismo, movimento filosofico e letterario sorto in America ai primi dell’‘800 e continuatosi per molto tempo. Era caratterizzato da tendenze fortemente idealiste, dal rifiuto del razionalismo e dalla rivalutazione dell’individuo nei confronti della natura e della società. Era evidente l’influenza dell’idealismo trascendentale di Kant, della letteratura romantica europea anche se non furono molto disposti, gli Americani, ad accettare tali derivazioni e sostennero l’originalità del loro movimento.

Acceso promotore del Trascendentalismo fu il filosofo Ralph Waldo Emerson, del quale Thoreau divenne amico e del quale ammirò soprattutto la posizione ecologista e pacifista. Importanti esponenti del movimento furono Nathaniel Hawthorne, Walt Whitman, Emily Dickinson, Charles Timothy Brooks, Convers Francis, Jones Very ed altri più o meno noti. Thoreau non condivise pienamente le linee del Trascendentalismo ché la sua indole polemica, la sua tendenza all’isolamento, gli fecero maturare delle convinzioni particolari che rimasero inalterate e si discostarono da quelle dei trascendentalisti. Non di carattere trascendente ma immanente era la sua visione della vita, della storia, non fuori dalla realtà collocava la natura e il rapporto con essa ma nella realtà e nella funzione benefica che ne poteva derivare. In politica era contrario allo schiavismo, alla protesta violenta, alla rivoluzione armata, alle tasse finalizzate a potenziare gli armamenti di uno stato come l’America. Nel 1846 fu messo in carcere, anche se per un solo giorno, a causa del mancato pagamento di una di quelle tasse. A tal proposito pubblicò nel 1849 il saggio Disobbedienza civile, dal quale in seguito trassero ispirazione azioni di protesta non violenta. Nel 1854 pubblicò Walden o La vita nei boschi, un diario dove ripercorre i due anni di vita (1845-47) trascorsi in completa solitudine a poca distanza da Concord, sulle rive del lago di Walden, in una capanna di legno da lui stesso costruita. Qui aveva continuato con le sue meditazioni, i suoi studi, le sue opere e soprattutto aveva cercato di stabilire un contatto, un rapporto con l’ambiente che lo circondava, prati, boschi, monti, piante, acque, animali, aveva aspirato a raggiungere uno stato di equilibrio con questi elementi, ad ottenere quanto era necessario alla sua mente e al suo corpo perché acquistassero quelle qualità che solo dalla natura possono provenire.

L’opera, scritta sette volte prima della pubblicazione, è una delle più note del Thoreau ed ha anticipato tanta letteratura di genere naturalista. Di questo genere furono anche le opere degli ultimi tempi dell’autore tra le quali rientra il saggio Camminare. Anche questo fu scritto più volte, dieci, ché maniaco era Thoreau del perfezionismo linguistico, dell’altezza, della purezza espressiva. Anche in Camminare molto spazio è concesso alla natura, a quella che scorre sotto lo sguardo di lui che compie lunghe passeggiate nella campagna adiacente a Concord. Tutto vede, aree coltivate, aree deserte, case abbandonate, acqua corrente e stagnante, animali domestici e selvatici, alberi e fiori, luci ed ombre, tutto quanto può stare accanto e oltre la strada che percorre. Un viaggio diventa, per il Thoreau di questo libro, quel “cammino”, una peregrinazione alla ricerca della salvezza, della vittoria su un mondo, una società che ha annullato ogni principio, ogni valore morale, spirituale e ha fatto della volgarità il suo unico modo. A trovare il bene perduto va lui e chiunque altro, come lui, s’impegni a camminare. Un richiamo, un invito voleva essere il suo, un’indicazione per stare meglio, vivere meglio, fare di più.

Non ha avuto molto, la sua vita nella natura, con la natura è rimasta un sogno. Ed anche molto del suo pensiero, della sua filosofia, della sua arte sarebbe rimasto tra le sue aspirazioni. E’ successo perché la sua vita è stata breve e malata o perché tanti progetti possono annullarsi a vicenda?

Antonio Stanca