di Donato Di Poce

“Solo da uno studio globale della creatività umana

si potrà derivare una migliore conoscenza

dell’uomo e del mondo”.

Gillo Dorfles

Estetica dovunque” è il bel titolo del libro edito da Bompiani, che raccoglie quattro saggi, scritti nell’arco di quarant’anni: Artificio e natura (1968), Intervallo perduto (1980), Elogio della disarmonia (1986) e Horror Pleni (2008).

Basta scorrere l’indice del libro per comprendere la varietà degli argomenti da lui trattati: dall’arte alla musica, dalla pubblicità all’urbanistica, dalla comicità alla gestualità, dall’architettura al fumetto.

Tra i tanti meriti che tutti gli riconoscono, bisogna almeno ricordare che nell’arco della sua attività di artista, studioso e critico d’Arte e di Estetica, Dorfles (insieme ad Eco) ci ha insegnato a leggere la molteplicità, il contesto storico e la novitas.

Del resto, rispondendo ad una domanda di Aldo Colonetti, l’Estetica per il maestro “è qualche cosa che non è solo filosofica, ma è anche legata ad altre discipline come l’antropologia, la psicanalisi, la semeiotica, (…) le cosiddette scienze umane; è solo così che possiamo avere un approccio all’opera d’arte che non sia esclusivamente teorico e quindi che non comprenda quelle caratteristiche diciamo così sentimentali, sensoriali che fanno parte dell’opera d’arte (…). Per me – conclude Dorfles – rispondendo a una domanda di l’approccio all’arte non è mai soltanto cognitivo e razionale, ma è qualche cosa che ha sempre a che fare con il sentimento, con l’emozione”.

Nel 1958 è il primo in Italia a definire il concetto di kitsch:

(pubblicando, nelle pagine di Le oscillazioni del gusto e l’arte moderna il riadattamento della relazione tenuta nei primi anni Cinquanta alla Western Reserve University e al Cleveland Museum, in Ohio), Kitsch. Antologia del cattivo gusto (1968).

Dorfles contribuisce in modo decisivo a definire, anche a livello internazionale, il significato di questa categoria estetica; un’esplorazione ripresa poi, nel 2012, con la curatela della mostra “Kitsch. Oggi il Kitsch” alla Triennale di Milano. Oggi come ieri, come domani e forse sempre, è la mutevolezza del gusto a dominare e Dorfles scrive:

« […] Intendendo appunto tale “cattivo gusto” (o Kitsch) come alcunché di legato non solo ai prodotti – agli oggetti, alle opere – che possiedano le peculiari caratteristiche, ma legato altresì al fruitore stesso, all’individuo cioè “dotato di cattivo gusto”, così da istituire una sorta di esame fenomenologico rivolto ad una particolare categoria di individui aventi la proprietà e la ventura (o sventura?) di assaporare le opere d’arte con un particolare atteggiamento di ‘gusto cattivo’; portati quindi a fruire “anche delle opere d’arte autentiche” in maniera sbagliata, erronea, contraffatta».

Senza mai dimenticare come scrisse Dorfles che: «Il kitsch? Per fortuna non tramonta mai. La vera opera d’arte esiste solo in contrapposizione a esso».

A partire dalla pubblicazione, nel 1952, del Discorso tecnico sulle arti, Dorfles rende subito inattuale la tradizione crociana, inaugurando un inedito sguardo interdisciplinare curioso e onnicomprensivo che rifugge dogmi e convenzioni e aperto ad una dimensione socio – antropologica dell’Estetica.

Dorfles fonda – con Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gianni Monnet – il Movimento Arte Concreta: che dopo il futurismo, sarà il movimento artistico italiano più longevo e ispirerà il lavoro di altre avanguardie.

Nel 1951, anno di pubblicazione di Barocco nell’architettura moderna, Enzo Paci fonda la rivista “Aut Aut” e lo chiama accanto a sé come redattore unico. Nel 1955 intraprende, come libero docente, la carriera universitaria quando le cattedre di estetica sono ancora una novità nel panorama accademico italiano. Insegna principalmente alla Statale di Milano, ma anche a Trieste e Cagliari. È visiting professor nelle università di Cleveland, Buenos Aires, Città del Messico, New York ed è invitato da Tomas Maldonado a tenere seminari alla Scuola di Ulm.

Soltanto nel 1967, con la pubblicazione del saggio L’estetica del mito. Da Vico A Wittgenstein, gli viene riconosciuto l’ordinariato in Estetica e a tal proposito Dorfles scrive:

“Ricordo che grazie a un suggerimento del mio amico Enzo Paci mi rassegnai a scrivere un’opera ‘scientifica’, L’estetica del mito, in cui mi occupavo di Schelling, Hegel, Vico, ossia di ‘autentici’ filosofi del passato. Era un libro ‘serio’, accademico. Fino a quel momento mi ero occupato di argomenti meno impegnativi e contemporanei. Quella pubblicazione mi permise di ottenere la cattedra.

L’estetica da Vico a Wittgenstein:

Un altro dei grandi meriti di Dorfles è stato di riproporre all’attenzione delle riflessioni di Estetica il pensiero di Vico, Bachelard e Wittgenstein. Dorfles sente intimamente di condividere con Croce che «l’estetica [sarebbe] da considerare veramente una scoperta del Vico», e che:

“Per “estetica” in senso più pieno e maturo dovrà intendersi quella branca delle “scienze umane” che – attraverso lo studio delle diverse forme artistiche – miri a indagare gli sviluppi e le tappe antropologiche, psicologiche, linguistiche dell’umanità. Soltanto in questo senso e con questa dilatazione del termine di “estetica”, infatti, potremo renderci conto dell’attualità di Vico, non soltanto rivalutando alcuni princìpi da lui sostenuti, ma cercando di raggiungere una visione del mondo che ponga in primo piano lo studio dell’elemento fantastico, simbolico, mitico, metaforico, anche in quei settori del pensiero umano che potrebbero sembrare più lontani da tali elementi. “  G. Dorfles, Mito e metafora, cit., p. 1596.

In Mito e metafora in Vico e nell’estetica contemporanea (1969), l’Autore, dopo avere evidenziato – come già si diceva – l’immeritato oblìo patito da Vico nella storia del pensiero moderno e contemporaneo, rievoca la celeberrima teoria vichiana delle tre spezie di lingue: la prima lingua sarebbe la lingua muta, ossia quella che funziona per gesti e per cenni; la seconda sarebbe la lingua eroica, ossia quella lingua poetica tipica dei primi popoli della Terra, la quale opera per somiglianze, compensazioni, immagini e, per l’appunto, metafore; la terza, invece, sarebbe la lingua umana, quella basata sull’uso di parole adottate per mera convenzione e stipulazione sociale, ossia le “voci convenute”.

Così Dorfles sintetizza, su mito e metafora, temi a lui cari, il pensiero di Bachelard:

“ Bachelard ama le metafore, ma soprattutto, perché, per lui, metafora è realtà, è forma, è linguaggio. I numerosi volumi a cui ha voluto – senza una vera ragione a mio avviso – applicare un’etichetta psicanalitica sono piuttosto tentativi di vivificare e personalizzare le metafore, di trovare un significato reale, tangibile, esemplificatorio, al mondo metaforico nel quale la poesia rimane, di solito, avvolta. […] E breve è il cammino che dalla metafora porta al mito. Il mito stesso prima ancora d’un significato occulto e recondito, possiede – pronto e immediato – un significato metaforico che permette la sua comprensione al di là d’ogni sua razionalizzazione” (G. Dorfles, “Bachelard o l’immaginazione creatrice”, Aut Aut, 1952; oggi in G. Dorfles, Estetica senza dialettica).

L’ECLETTISMO DI DORFLES:

In un’epoca di iper specialisti in ogni campo, Dorfles oppone la sua curiosità intellettuale, il suo eclettismo pluridisciplinare. Dorfles critico, Dorfles studioso di estetica, Dorfles studioso del costume, del disegno industriale, della moda, Dorfles pittore e ceramista, Dorfles poeta.

Dorfles sviluppa nel tempo un pensiero eretico ed erratico, sviluppato da una formazione asistematica per le abitudini accademiche del tempo, in realtà eclettica anch’essa, tale da consentirgli inedite sinergie, metafore filosofiche ed etiche. Sa che se vuole uscire dal discorso Accademico bisogna essere curiosi, ironici, eclettici e irriverenti. Sapeva benissimo con Diderot che “L’eclettismo generò uomini liberi”, …vedendo nascere personaggi come Giordano Bruno, Bacone, Campanella, Cartesio, Hobbes, Leibniz…”.

“Arte, filosofia e scienza sono fili di una stessa trama” dice Dorfles, per sottoscrivere un rifiuto del simbolismo emozionale e aprire nuovi orizzonti estetici e affondare lo sguardo nel divenire delle Arti e irridere mode e costumi di una società che ha perso il contatto con l’Umano. Un uomo che ha mantenuto sempre i piedi ben saldi per terra sulle matrici del quotidiano, per poter saltare meglio nei territori dell’immaginario e della bellezza futura. Una grande lezione di vita e di Estetica. Come scrisse intorno all’età dei 100 anni: “…Riuscire a capire le trasformazioni etiche, estetiche e filosofiche del tempo è la capacità che andrebbe più a lungo mantenuta”.

Bibliografia minima delle opere di Gillo Dorfles

  • Estetica dovunque, Collana Tascabili. Saggi, Milano-Firenze, Bompiani, 2022. [contiene: Artificio e natura, Intervallo perduto, Elogio della disarmonia, Horror pleni].
  • Estetica senza dialettica. Scritti dal 1933 al 2014, a cura di Luca Cesari, Bompiani, 2016.
  • Mode & Modi, Collana Antologie e saggi n.10, Milano, Mazzotta, 1979. ; II ed. riveduta, Mazzotta, 1990.
  • Itinerario estetico, Collezione Biblioteca n.52, Milano, Studio Tesi, 1987.
  • La moda della moda, Collana I turbamenti dell’arte n.8, Genova, Edizioni Costa & Nolan, 1984.
  • Architettura ambigue. Dal Neobarocco al Postmoderno, Bari, Dedalo, 1984.
  • I fatti loro. Dal costume alle arti e viceversa, Collana Saggi, Milano, Feltrinelli, 1983.
  • Le buone maniere, Milano, Mondadori, 1978.
  • Il divenire della critica, Collana Saggi n.563, Torino, Einaudi, 1976.
  • L’architettura moderna. Le origini dell’architettura contemporanea · I quattro grandi: Wright, Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe · Dall’espressionismo all’organicismo «razionalizzato», dall’«ornamented modern» al brutalismo, ai più avveniristici tentativi attuali, Collana I Garzanti, Milano, Garzanti, 1972 [I ed. 1954].
  • Senso e insensatezza nell’arte d’oggi, ellegi edizioni, 1971.
  • Kitsch: antologia del cattivo gusto, Milano, Gabriele Mazzotta Editore, 1968.
  • L’estetica del mito (da Vico a Wittgenstein), Milano, Mursia, 1967.
  • Kitsch e cultura, in Aut Aut, 1,1., 1963.
  • Simbolo, comunicazione, consumo, Collana Saggi, Torino, Einaudi, 1962.
  • Ultime tendenze nell’arte d’oggi, Collana Universale Economica n.356, Milano, Feltrinelli, 1961.
  • Il divenire delle arti, Collana Saggi n.243, Torino, Einaudi, 1959.
  • Le oscillazioni del gusto e l’arte moderna, Collana Forma e vita, Milano, Lerici, 1958.