di Antonio Stanca –

Promossa dal Corriere della Sera, intitolata “Giappone, crimini e misteri” e curata da Annachiara Sacchi, la nuova collana si propone di ristampare opere di importanti scrittori giapponesi del genere giallo. Si è giunti al settimo numero, La Lucertola Nera, di Edogawa Ranpo, pseudonimo di Tarō Hirai. Era nato a Nabari nel 1894 ed è morto a Ikebukuro nel 1965. Aveva settantuno anni e critico letterario era stato oltre che scrittore. Da bambino aveva seguito gli spostamenti della famiglia fin quando nel 1912 non si erano stabiliti a Waseda dove Ranpo aveva studiato Economia presso l’Università. Dopo aveva fatto i mestieri più diversi e nel 1923 con il racconto La moneta di rame da due sen aveva esordito nella narrativa. Era un’opera di genere poliziesco, gli era stata ispirata dalla lettura di alcuni autori occidentali di quel genere e soprattutto dalla conoscenza di antiche leggende giapponesi che dicevano di gravi situazioni, di misteri, di personaggi eccezionali, dotati di grandi qualità e capaci di risolvere grossi problemi. In questo modo Ranpo avrebbe proceduto anche nelle opere, racconti e romanzi, che sarebbero venute dopo, avrebbe cercato di combinare quanto gli proveniva dalla sua terra, dalle tradizioni, con quanto gli giungeva dall’Occidente fosse la letteratura poliziesca europea o americana. Da lui, dalla sua maniera sarebbero stati influenzati in Giappone molti altri autori a partire dai primi anni del 900. Sarebbe stato molto tradotto Ranpo, da suoi romanzi e racconti sarebbero stati tratti film, opere teatrali, serie televisive di successo e questo fino a tempi recenti.  

Di un vero e proprio caso letterario si può dire a proposito di Edogawa Ranpo visto che la sua eco è andata oltre il Giappone e non si è ancora fermata. Come ne La Lucertola Nera, che risale al 1934, quel che attira della sua scrittura è la serie interminabile di colpi di scena, sono le infinite scoperte, rivelazioni che si offrono al lettore. Non si aspetta la fine dell’opera per fargli sapere dei motivi, dei colpevoli di un misfatto, di un reato, di quanto vi è connesso, delle gravi complicazioni che ci sono state ma gliele si mostra in continuazione, lo si coinvolge fin dalle prime pagine. E ancor più piace nei gialli di Ranpo la figura dell’investigatore Akechi Kogorō. Era comparsa nei primi lavori e già allora aveva incontrato il favore del pubblico, era diventata popolare. Insuperabile, invincibile è Kogorō, non c’è ostacolo, nemico, mistero che lo fermi, che fermi il suo intuito, la sua capacità di risalire da particolari pur minimi a situazioni complicate. Così avviene pure ne La Lucertola Nera dove Ranpo è intento a rappresentare il confronto, lo scontro tra il famoso Kogorō e miss Midorikawa, “la lucertola nera”, la regina dei bassifondi, la più pericolosa criminale del Giappone di quei tempi. Ha ai suoi ordini molti uomini, col loro aiuto e tramite azioni tra le più nefande è venuta in possesso di infinite ricchezze che tiene nascoste nei sotterranei delle periferie intorno a Tokyo. E’ una bellissima donna ma è pure capace di trasformarsi, travestirsi, assumere identità diverse, compiere azioni tra le più crudeli e non farsi mai scoprire. Nessuno sa dove vive, alloggia, chi è. Può assumere le vesti della vicina di casa, della cliente di un bar, della passeggera su un autobus, della spettatrice di un film e di tante altre persone. E’ un’illusionista, una maga. Indefinibile, irriconoscibile, imprendibile è diventata finché non sarà affidato a Kogorō il compito di cercarla, individuarla, arrestarla. Non sarà facile, lunga, interminabile diventerà la caccia che l’investigatore darà alla “lucertola nera”. Lei saprà di averlo alle calcagna, di essere inseguita e tantissime e diverse saranno le circostanze che li vedranno: staranno vicini o lontani, saranno convinti o incerti lei di sfuggirgli, lui di prenderla, si sentiranno acerrimi rivali o confidenti al punto da apprezzarsi per le doti che ognuno possiede. Si creeranno situazioni assurde, misteriose, magiche ma lui si mostrerà sempre all’altezza di quelle magie, di quei misteri, della fama che lo circonda, del bene che rappresenta di contro al male di lei che è quello della vita, della storia. E’ il confronto che Ranpo vuole instaurare tramite Kogorō, è la vittoria del bene quella che con lui vuole ottenere e lo avrebbe fatto anche stavolta, anche in un caso così difficile.

Era il 1934 quando Ranpo pubblicò il romanzo ed ebbe tanto successo, tanto seguito. Irreale sembrava l’atmosfera che era riuscito a creare intorno alla vicenda narrata, era come se avesse voluto prolungare gli ambienti di quelle leggende giapponesi dalle quali aveva tratto le prime ispirazioni. Con le leggende succede, infatti, che non finiscano mai di essere dette, ricordate, di valere, nelle leggende succede che a vincere sia sempre il bene. Così è successo in Ranpo!

Antonio Stanca