di Antonio Stanca-

Marconi, la “verità” dei filosofi

                                                                                       di Antonio Stanca

Ai primi di Novembre risale la pubblicazione del breve volume Verità uscita allegata al “Corriere della Sera”. È il primo numero della nuova collana “Le parole della filosofia” promossa dal giornale. È stata curata dai docenti universitari Corrado Del Bò, Simone Pollo, Paola Rumore, si compone di venticinque numeri e autore del primo è Diego Marconi. Ordinario di Filosofia del linguaggio presso l’Università di Torino, ha studiato a Torino e a Pittsburgh. Si occupa anche di Filosofia delle scienze cognitive e delle teorie della verità. Esperto del pensiero di Wittgenstein, è stato tra i primi filosofi italiani a promuovere la collaborazione tra la filosofia e l’informatica, la scienza cognitiva.

Non ci poteva essere inizio migliore per quest’altra collana del “Corriere della Sera” se non con un libro del Marconi, autore già noto per la chiarezza che riesce a raggiungere nella sua esposizione, per la facilità che riesce a procurare pur ad argomenti difficili, complicati. Stavolta si tratta del concetto di “verità”, di come è stato inteso nella storia del pensiero occidentale da prima di Platone al Duemila. La lettura dell’opera coinvolge, affascina perché semplifica i problemi trattati e si muove rapida tra tempi, luoghi, epoche, culture, opere, personaggi diversi, lontani tra loro. Permette Marconi di riscoprire quanti collegamenti, quanti richiami ci possono essere, come si procede in filosofia, come può succedere che un problema rimanga immutato per secoli, che dopo tanto tempo continui ad essere discusso, a non avere una definizione. Non si finisce mai di pensare, di dire in filosofia, al più remoto passato risalgono pensieri del più recente presente, uguali considerazioni, uguali concezioni possono essere di entrambi i tempi. È questo il fascino della filosofia: non c’è tempo per i suoi argomenti, per i suoi autori, ci si ritrova sempre. Si sta in famiglia, ritornano sempre situazioni, acquisizioni, parole che già c’erano. Si procede, si avanza, si arretra, si riprende, si riscopre, si recupera. Finiti, definitivi non si è mai. Sempre rimane qualcosa da chiarire, qualche contrarietà da risolvere, qualche ritrattazione da fare. Così succede pure riguardo al concetto di “verità” e Marconi fa vedere, nel libro, il lungo, interminabile processo che lo ha riguardato, spiega come sia partito dai pensatori della Grecia prima di Cristo per andare a Roma, nei paesi del Centro Europa, dell’Europa del Nord e poi scendere, ripercorrerli e giungere fino al Baltico, all’Africa del Nord, all’America, al mondo del Duemila. Da prima di Cristo ad oggi si è discusso in filosofia circa il significato, l’interpretazione della “verità”: se è da intendere come corrispondenza tra il pensiero vero e l’oggetto vero, come coerenza, somiglianza tra l’uno e l’altro, se la verità è una relazione, una combinazione che avviene tra i due elementi, se è venuto, si è formato prima uno e poi l’altro e quale per primo, quale vale di più, se c’è un’idea che li trascende entrambi e che già li conteneva, se…, se…, se….  Così si è andati avanti, così si è continuato fino al punto da discutere ancora oggi. A contatto diretto con questa maniera di fare mette l’opera del Marconi, di tanti filosofi fa sapere, un’intera civiltà attraversa e fa pure vedere quanto sia stata importante la Grecia antica per la cultura, l’arte, la filosofia, come in essa siano stati elaborati pensieri, sistemi che valgono ancora oggi. È una bella scoperta, una gradita rivelazione quella che fa compiere il suo libro. Fa pensare a quanto sarebbero utili opere del genere in un tempo che ha bisogno di recuperare i valori perduti se non vuole arrivare al Nulla.

Antonio Stanca