di Antonio Stanca – A settant’anni Paolo Rumiz ha viaggiato, ha visto, ha scritto tanto sia come giornalista sul “Piccolo” di Trieste o “la Repubblica” di Roma sia come autore di libri, come scrittore. In entrambi i modi ha detto delle esperienze dei suoi viaggi compiuti come inviato speciale o per proprio conto econ i mezzi più diversi, dalla macchina al treno, alla nave, al traghetto, alla barca a vela, all’autobus, in bicicletta, a piedi, con l’autostop.

Rumiz è nato a Trieste nel 1947 ed ha cominciato a scrivere per il “Piccolo” di questa città, a fare servizi speciali, poi era diventato editorialista de “la Repubblica” ed anche per questo giornale aveva prodotto delle rubriche a cominciare da quelle relativealle vicende dei Balcani e del Danubio, dove era stato inviato, o alle tragicheconseguenze della fine della Jugoslavia. Anche in Afghanistan era stato inviato al momento dell’assalto degli americani.

A volte da suoi scritti sono stati tratti dei film.

Con il “Piccolo”, quindi, e soprattutto con “la Repubblica” Rumizha cominciato quella che sarebbe stata la sua attività di eterno, impagabile, incontentabile viaggiatore e la contemporanea carriera di giornalista e scrittore dei suoi viaggi. Di questi non avrebbe soltanto riferito, riportato ma anche narrato giacché i suoi non sarebbero stati viaggi veloci ma lenti, rallentati dal suo bisogno di fermarsi, di curiosare, di scoprire, di sapere sempre più, non avrebbero riguardato solo luoghi conosciuti ma anche quelli rimasti lontani dalle grandi trasformazioni apportate dai tempi moderni, dall’avanzata irresistibile della tecnologia e dal cambiamento dei modi di vivere. Rumiz avrebbe preferito dire di luoghi dove gli usi, i costumi erano rimasti ancora antichi, avrebbe voluto fermarsi in questi posti, conoscere la loro gente, parlare con essa perché convinto era che solo da simili contatti derivano le vere conoscenze, quelle che nessun libro può procurare. Di quanto ancora oggi non si sa ha voluto scrivere sia perché era attirato, affascinato, inorgoglito dal pensiero di conoscere quanto era rimasto ignoto pur in tempi moderni sia perché voleva farsi interprete delle gravi differenze ancora presenti nel mondo.

Anche un valore, una funzione di protesta, di denuncia ha, quindi, assunto la sua scrittura poiché ha messo in evidenza come oggi accanto ad un’umanità che si gloria, che splende per le sue conquiste c’è un’altra che soffre per i suoi bisogni,accanto all’uomo moderno, ricco, c’è l’uomo primitivo, povero. Gravi, incolmabili sono le distanze tra le due condizioni e l’evidenza che Rumiz procura loro, la chiarezza con la quale le fa risaltare mostra come la condizione dei poveri sia ancora dariscattare.

Viaggiatore curioso ma anche polemico èRumiz e ben lo si può vedere da quanto, da come scrive circa i mondi da lui visitati. In particolare in Trans Europa Express traspare questa sua posizione. E’ un libro che la casa editrice Feltrinelli di Milano pubblicò la prima volta nel 2012 e del quale nel 2016 ha pubblicato la quarta edizione (pp.231, € 9,50).

Qui Rumiz è scrittore ché tale sa pure essere, capace, cioè, di trasformare l’esperienza di un viaggio in un racconto dai toni semplici, delicati, intimi, tali da coinvolgere il lettore e legarlo per la meraviglia delle rivelazioni e la suggestione della scrittura.

L’opera si riferisce ad un lungo, lunghissimo viaggio da Rumiz compiuto nel 2008 insieme alla fotografa Monika Bulaj e andato dal Mare Artico al Mare Mediterraneo, da Rovanemi, in Finlandia, a Istanbul, in Turchia. Un viaggio “verticale” lungo tutta la frontiera orientale dell’Unione Europea:seimila chilometri percorsi con i più diversi mezzi lungo quello che può essere considerato il cuore dell’Europa e che è formato da una moltitudine, da un’infinità di villaggi, di capanne, di piccole chiese, di strade pericolose, di viuzze, di pianure, di montagne, di fiumi, di laghi, di boschi, da una popolazione sperduta, separata, divisa tra luoghi così estesi, così lontani. Una popolazione alla quale appartengono anche gli animali, da quelli domestici a quelli feroci, dalle pecore, dalle mucche, dai cavalli, dalle renne ai lupi, agli orsi, alle zanzare velenose, alle formiche carnivore. Luoghi dimenticati, dove si vive di poco, di quanto proviene dalla terra, dalle acque, dai boschi, dove non si distingue tra l’uomo e la natura, dove si abita in capanne o in case diroccate, si cammina per sentieri appena visibili, per strade sconnesse, dove si parlano lingue incomprensibilie il silenzio domina per spazi sterminati, per intere regioni o nazioni. Sono quelle del confine occidentale della Russia che lontane sono rimaste dai centri, estranee a quanto qui è avvenuto, che da questi sono state abbandonate dopo essere state usate per le ricchezze del sottosuolo, i metalli preziosi o la costruzione di fabbriche clandestine.

Un mondo primitivo, un’umanità preistorica esiste al centro dell’Europa e Rumiz l’ha vista, l’ha conosciuta ha parlato con la suagente, ha saputo molto altro di quanto già sapeva sicché un quadro più ricco, più ampio di quello noto è riuscito a comporre con il libro di questo viaggio. Insieme alla sua ha arricchito anche la cultura di chi legge, lo ha appassionato, lo ha reso partecipe di vicende che nessuno finora conosceva, gli ha svelato l’esistenza di bellezze impareggiabili, di paesaggi, di suoni, di colori, di luci che solo in quei posti, dove il giorno dura fino a mezzanotte, sono possibili. Di favole, di magie si è fatto portavoce,Rumiz, di incantesimi, del modo di pensare, di fare che ci può essere dove manca l’idea di fine, di morte, dove non c’è differenza tra l’uomo, le piante e gli animali poiché unica è la loro anima e viene dal passato, con loro si continua in un presente che è infinito, eterno.Niente finisce, niente muore, tutto vive, tutto è Dio qualunque sia la religione alla quale appartengono le tante, diverse genti di tanti, diversi luoghi.

Una continua scoperta, un’interminabile rivelazione è l’opera di Rumiz, situazioni meravigliose, estatiche essa contiene ma di un’umanità ancora molto arretrata, ancora molto povera e per questo diventa pure un atto di protesta, di accusa contro chi, prima e dopo, nel passato e nel presente, è stato il responsabile.

Vasta è la cultura storica, geografica, letteraria, artistica mostrata dalRumiz nel corso dell’opera, capace è di risalire al passato più remoto di un luogo, di un popolo, di arricchirsi di sempre nuove conoscenze e di non appesantire mai il discorso madi lasciarlo chiaro, semplice, svelto come appunto quello di un viaggiatore che insieme al piacere di comunicare, di trasmettere quel che vede vuole pureriscattarlo, vuole dare voce adun silenzio che dura damillenni.

Molti riconoscimenti ha avuto Rumiz per la sua attività di viaggiatore, giornalista e scrittore, per il suo modo di viaggiare, di scrivere che si trasforma sempre in un processo, in un movimento ampio, complesso che insieme a lui fa avanzare tanta storia, tanta vita.

Antonio Stanca – 18 settembre 2017