Di “Due donne sole contro la mafia”
di Antonio Stanca –
Da Feltrinelli è uscita, quest’anno, la seconda edizione del romanzo Io posso (Due donne sole contro la mafia) di Pif e Marco Lillo. L’opera è del 2021 e mostra i due autori impegnati a narrare di un caso giudiziario verificatosi nella Palermo degli anni ’90 e prolungatosi per molto tempo, circa trent’anni, senza che lo si possa dire ancora completamente finito.
Pif, ossia Pierfrancesco Diliberto, e Marco Lillo sono giornalisti, documentaristi, lavorano nei giornali, alla radio, alla televisione, al cinema e sono anche scrittori. Sono tra gli esempi migliori, più completi, di quella figura di intellettuale che i tempi moderni hanno voluto: partecipare di quanto avviene all’esterno, nel sociale, interpretarlo, discuterlo pubblicamente ed essere anche narratori, fare gli opinionisti e gli scrittori ricavando dai problemi discussi i temi della propria scrittura. Anche in Io posso succede così, anche per i giornali e altri mezzi di comunicazione di massa Pif e Lillo si erano incaricati del caso giudiziario delle sorelle Pilliu, Maria Rosa e Savina, che insieme alla madre, nella Palermo degli anni passati e delle zone centrali, gestivano un negozio di generi alimentari. Provenivano dalla Sardegna e di prodotti sardi trattava pure il loro negozio. Per questo godeva di una vasta clientela e permetteva loro un buon tenore di vita. A poca distanza, sempre nella parte storica della città, possedevano la vecchia casa di famiglia, ora abbandonata, trascurata. Ce n’erano anche altre, di altri proprietari, e su tutte si era poggiato lo sguardo di un impresario edile interessato a comprare con poco case vecchie e vendere a caro prezzo gli appartamenti dei palazzi che ne avrebbe ricavato. Le sorelle Pilliu, però, non vorranno vendere, non vorranno rinunciare a luoghi, ambienti legati alla loro famiglia, alla loro vita. Ora sono mature signorine e quei ricordi sono tanto per loro, sono tutto. Non accetteranno nessuna offerta dell’impresario che, tuttavia, riuscirà nell’intento di demolire quelle case e costruire i nuovi palazzi. Ricorrerà all’imbroglio, al falso, alla truffa. Corrompendo il personale di molti uffici risulterà proprietario di quei posti senza pagarli. Siamo negli anni ’90 del Novecento e comincerà d’allora, per le sorelle Pilliu, quello che sarebbe diventato un confronto interminabile, acceso, violento tra le umili, oneste pretese di chi voleva rimanere in possesso della propria vecchia casa e le illecite, disoneste ambizioni di chi non ne teneva alcun conto, tra una semplice aspirazione e le complicate pretese di un sistema corrotto, tra cittadino comune e mafia. Per le signorine sarà una lotta impari, difficile, arriveranno ad avere problemi anche col negozio ma non si arrenderanno, non cesseranno di credere possibile una soluzione positiva per loro, di sperare nella giustizia. In tante, tantissime circostanze le mostreranno impegnate gli autori del romanzo, a contatto con molte e diverse persone le faranno venire, tanta storia, tanta vita della Sicilia della fine del secolo scorso e dell’inizio di questo percorreranno tramite loro, vincitrici le faranno diventare in una battaglia che era durata tanto tempo. In carcere faranno finire l’impresario prepotente, truffatore ma non sapranno risparmiare alle signorine una grave conseguenza finale, il pagamento di una tassa imprevista, inattesa. Devolveranno a tal fine, Pif e Lillo, quanto riusciranno a ricavare dalla vendita di questa loro opera e nel caso risulti superiore al necessario stabiliscono che il resto sia utilizzato per iniziative o attività antimafia. È la prova di come si siano sentiti obbligati a scrivere di questa vicenda, di come ambiscano a fare della lotta contro la mafia un problema di cultura, di costume. Solo una sempre più diffusa opera di sensibilizzazione, convinzione, partecipazione all’idea, allo spirito di giustizia può, secondo i due autori, porre fine ad un sistema che si alimenta di soprusi, di paura, di complicità. Mostrando come due sorelle, due persone comuni, non abbiano avuto paura, non abbiano accettato di diventare complici, hanno indicato il modo per vincere su un nemico tanto pericoloso. È un appello quello che proviene dal loro libro, un invito, è un’azione morale, civile, sociale quella che vogliono promuovere. Il loro coraggio è diventato per ora quello di Maria Rosa e Savina Pilliu. Anche degli altri, di tutti gli altri vogliono che diventi. Sono convinti che insieme si può vincere.
Antonio Stanca
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.