di Luigi Lezzi –

Massimo Melillo cura oggi per Anima Mundi la riedizione del romanzo La Malapianta pubblicato da Rina Durante nel 1964. Leggendolo o rileggendolo, tutti troveremo ben messo in luce il contesto di povertà materiale e spirituale da cui proveniamo e da cui ci separano solo un paio di generazioni. Ritroveremo per certo, ben delineata, la fisionomia di un nostro antenato sia che si rispecchi in quella dei diseredati protagonisti, sia in quella di uno dei loro aguzzini. Ma il merito di Melillo consiste anche, per ciò che mi riguarda, nella ripubblicazione di un articolo scritto dalla Durante per l’Almanacco Salentino del 2003 dal titolo La cultura che cambiò il Salento. Una sorta di bussola per orientarsi nelle vicende culturali salentine.

Il pezzo ripercorre le vicende vissute dalla Cultura nel Salento dal dopoguerra fino alla data della sua pubblicazione ma risulta tuttora attuale perché, dopo 17 anni dalla sua stesura, le cose non sono cambiate molto e, se sono cambiate, non sono cambiate in meglio.

Chiunque si senta a vario titolo coinvolto nei fenomeni culturali o sia un amministratore della Cultura nel Salento troverà utile leggere direttamente questa pagina di Storia nella prosa pacata e lucida della scrittrice; da parte mia, per invogliarlo, mi limito a riportarne alcuni stralci.

Nel corso della mia giovinezza, nel dopoguerra, la Cultura era un progetto che faceva tutt’uno con quello politico… la Cultura era la visione del mondo e la Politica lo strumento per realizzarla.

I due ruoli, anche quando sono agiti dallo stesso soggetto, sono dunque autonomi e distinti; ognuno ha le sue modalità di operare e i suoi obiettivi da raggiungere e ciascuno deve rispettare le prerogative dell’altro. All’artista il ruolo del visionario, libero anche di sentirsi un profeta che intravede il futuro prima degli altri e ne mette in luce creativamente i rischi o le opportunità. Alla Politica il ruolo di chi interpreta i suggerimenti dettati da tali creazioni e si sforza di  elaborarne la messa in cantiere. Infatti la libertà che si concede l’artista ha spesso mostrato l’efficacia di questa funzione anticipatrice; si pensi per esempio alla letteratura o alla filmografia di fantascienza quando sembra aver suggerito alla scienza e alla tecnologia la strada da compiere; o a quanto la legislazione giuridica deve a certa letteratura di denuncia sociale o esistenziale (a Victor Hugo, a Kafka, a Sciascia…). Non sempre questa divisione dei ruoli fra Cultura e Politica è stata tenuta presente e non sempre il rispetto reciproco è stato praticato, e non solo in territorio salentino. Ne fa cenno la Durante quando riflette:

 “Non credo sia necessario ricordare quanto la storia dei rapporti tra intellettuali e partiti sia sempre stata in Italia costellata da reciproche incomprensioni.”

Una per tutte, aggiungiamo, l’incomprensibile incomprensione che vi fu tra Pasolini e il P.C.I.

Andando avanti in questa biografia della Cultura si legge:

“Un altro aspetto del dopoguerra è che la Cultura era intesa in un moto discendente; dagli intellettuali rifluiva verso la gente, spesso disperdendosi lungo la via. Quando accadrà il contrario sarà nata una Nuova Società.”

Qui la Durante sembra criticare velatamente l’operato di alcuni intellettuali suoi amici come Vittorio Bodini e Vittorio Pagano che, insieme ad altri, diedero vita a pubblicazioni e riviste letterarie. Sembra dire: aver fondato riviste letterarie ignorando quanto di queste operazioni tenesse conto della partecipazione attiva e/o passiva della gente non bastava! L’intellettuale avrebbe dovuto sforzarsi di scendere dalla sua torre d’avorio per ascoltare anche la voce dei disperati protagonisti della sua Malapianta.

Scorrendo la linea del tempo giunge poi rapidamente agli anni Sessanta e Settanta. Nota come la vita della Cultura salentina in quel momento sia stata fortemente influenzata

“dalla scolarizzazione di massa e dalla nascita dell’Università. Si allarga la fruizione della Cultura ma non cresce il numero delle strutture culturali… Cresce invece il numero dei mezzi di comunicazione con l’avvento della televisione privata… e del Quotidiano… Negli ultimi vent’anni leggersi è stato, per l’intellighentia salentina un modo per guardarsi allo specchio”

Un giornale locale, se ne ha le intenzioni, può parlare a tutti e dare voce a tutti. Lecce come sede di Ateneo assiste a un allargamento del numero degli intellettuali e, bene o male, a una certa democratizzazione della Cultura.

A questo punto si apre il capitolo di Rina Durante accanita promotrice del recupero della tradizione musicale del Salento.

“In questa fase per la prima volta il popolo è visto come protagonista e si instaura un dialogo che porta la voce popolare agli intellettuali. Alla base  c’è il riconoscimento di Cultura nei confronti della Cultura Popolare.

Non sappiamo se senza i suoi (e modestamente anche i miei) sforzi quel patrimonio musicale che, pari pari anche se rigirato in tante salse fornisce oggi la materia prima ai gruppi musicali della neopizzica (sic!), sarebbe sopravvissuto al ciclone della modernizzazione. Poi precisa

“Non si trattò di un movimento filologico e quel che conta è che si sviluppò nell’ambito della sinistra. Perché, come de Martino, erano di sinistra i sostenitori della non astoricità della Cultura Popolare.”

A questo punto sembrano esserci le condizioni perla nascita di quella Nuova Società che più sopra auspicava. Ma, avverte subito, la nascita di una nuova società può ancora aspettare perché, per ragioni non proprio oscure, quel processo culturale che non nasconde la sua carica rivoluzionaria viene bruscamente interrotto fino a essere criminalizzato.

I risultati di tale interruzione rappresentano la catastrofe culturale e portano al punto che

“Se per esempio oggi si chiede a uno dei giovani membri dei tanti gruppi di riproposta della musica popolare salentina quale fu la spinta iniziale (esclusivamente politica!) difficilmente si avrà una risposta.

Trent’anni dopo (ad oggi cinquanta), attorno ai primi ricercatori è il deserto, sparita ogni passione politica. L’ideologia è una parola che si pronuncia non senza accento d’infamia. E non ci si accorge che è quello che la destra reazionaria vuole.”

Nel 2003 come ancora oggi l’operatore culturale e l’artista non avvertono più come scopo primario del loro operato la ricerca di una società migliore, ma si rifugiano

“nei territori degli astratti furori di cui non hanno certamente bisogno i salentini, immersi nell’infinita periferia d’Italia e d’Europa… Oggi si ha la sensazione di un azzeramento di tutto il lavoro culturale svolto sul fronte politico. La nostra convinzione è invece che bisogna ricominciare proprio da lì … perché …una generazione di smemorati non produce neanche buoni scrittori. Scrittore è colui che conosce il passato, che ha la consapevolezza del tessuto da cui inevitabilmente discende egli stesso.”

Assistendo alla grande mobilità umana conseguente al processo di globalizzazione la Durante si sente di sussurrare un consiglio anche ai tanti migranti che, per diverse ragioni, lasciano la propria terra per trapiantarsi altrove. Colui che si trova in tale condizione, sia che abbia varcato legalmente le frontiere sia che le abbia forzate, sia che si trovi a fare il lavapiatti a Londra o operi nell’M.I.T. ha l’obbligo di conoscere la storia del posto in cui vive e di prendere parte attiva alla vita culturale che lo circonda.

“dovrà assumerne prima o poi le problematiche, lasciarsi imprimere l’orma della sua civiltà e della sua cultura… Altrimenti si vive fuori della realtà, senza radici, avendo come unico traguardo di inseguire una moda che qualcuno ha inventato in qualche altra parte del mondo.”

Certo che è un bell’eufemismo, degno di una compagna disincantata suo malgrado, chiamare “moda” i disegni criminali di chi inventa ostacoli di tutti i tipi pur di ostacolare il cammino collettivo verso una Nuova Società.