di Antonio Stanca –

Ai giornali “TV Sorrisi e Canzoni” e “la Repubblica” è stata da tempo allegata la pubblicazione settimanale delle opere di Gianrico Carofiglio. La quarta di queste è stato il romanzo Una mutevole verità che Carofiglio scrisse nel 2014, quando già da tempo si dedicava alla narrativa.

È nato a Bari e in molte attività, pubblico ministero, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, senatore della Repubblica, si è fatto notare finché nel 2002 non ha cominciato a scrivere racconti, romanzi, saggi, a curare riduzioni cinematografiche, teatrali o televisive di sue opere. Molti interessi ha mostrato di saper coltivare ma quello per la scrittura narrativa è risultato il suo più congeniale, gli ha procurato i maggiori successi. Molto letti, molto tradotti sono i racconti e i romanzi di Carofiglio perché chiari nell’esposizione e vicini a quelle condizioni di vita che sono di tutti, a quella quotidianità che ovunque si verifica. Da qui vengono gli ambienti, i personaggi delle sue narrazioni, dalla vita di ogni giorno, quella che tutto comprende, il piacere e il dolore, il bene e il male. E di Carofiglio piace pure come il suo sguardo non rimanga in superficie, non si limiti a descrivere ma vada in profondità, indaghi nei pensieri, nei sentimenti più riposti, giunga al fondo dell’anima. Con semplicità, con chiarezza lo scrittore dice pure di ciò che non si vede, che rimane segreto, che inquieta quando non sconvolge. Completa, totale è la visione che della vita ha Carofiglio scrittore. Niente trascura, tutto dice. Così pure in Una mutevole verità dove il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, di origini piemontesi e in servizio presso una caserma di Bari, è incaricato delle indagini relative all’omicidio di un maturo signore che faceva l’usuraio e abitava in un quartiere della città piuttosto popolato. Era stato ucciso in casa e in maniera violenta. Dai primi rilievi sembrava che il caso potesse risolversi con facilità ma col tempo erano emersi particolari tali che lo avevano complicato, che avevano coinvolto persone, ambienti, eventi prima non sospettati. Difficile era diventato. Fenoglio aveva visto svanire le certezze iniziali e subentrare momenti di dubbio, di esitazione. Non si sentiva sicuro nel suo procedere. Andrà avanti, tuttavia, si muoverà anche se nel buio e alla fine la verità emergerà quasi da sola in tutta la sua gravità, in tutto il suo orrore.

Un percorso lungo, articolato era stato quello compiuto dagli inquisitori, quello che allo scrittore era servito per mettere in evidenza i caratteri, i comportamenti di tanti personaggi, la vita di certi posti. Non si era limitato Carofiglio a dire della vicenda dell’omicidio, della scoperta dei colpevoli ma aveva pure mostrato come si viveva, cosa succedeva in una città dove insieme stavano la vita e la malavita, la legge e il reato. Il caso dell’omicidio gli era servito per chiarire tante cose, per provare che tutte hanno una spiegazione, una giustificazione, che la vita scorre in tanti modi, assume tante forme. E’ questo, in verità, il vero movente del Carofiglio scrittore, rappresentare la totalità dell’essere, del vivere.

Qualunque sia il tema della sua narrazione rivolta è sempre a mostrare quanto avviene nella realtà e nell’idea, nel corpo e nello spirito, nel pensiero e nell’azione. Votato sembra si sia Carofiglio a riflettere nelle sue opere sui tanti aspetti della vita, sui vari modi con i quali può essere vissuta, a cercare per ognuno la sua ragione.

Antonio Stanca