di Antonio Stanca – 

E’ nata a Siracusa, è sposata, vive tra Palermo e Siracusa, ama i gatti e i bambini, dai bambini è chiamata “la signora dei gatti” e per i bambini ha scritto molte opere quali la collana I Grandi per i piccoli e una serie di biografie di grandi personaggi che si sono sacrificati per perseguire e far trionfare la legalità. Per i bambini ha curato la trasposizione teatrale di tragedie greche. Ha scritto pure per altre fasce di età, si potrebbe dire per ogni fascia di età e circa settanta sono le opere finora comparse di Annamaria Piccione. Le ha pubblicate con note case editrici e temi ricorrenti sono stati la legalità, l’integrazione, l’emigrazione, il razzismo e la guerra.

Molti sono stati i riconoscimenti che la scrittrice ha ottenuto e che vanno fatti risalire all’importanza degli argomenti trattati, alla sicurezza e chiarezza dei mezzi espressivi e alla creazione di vicende e personaggi molto significativi e coinvolgenti. Succede così anche in quest’ultimo romanzo, Onora il padre (Una storia di coraggio e di mafia), pubblicato a Marzo di quest’anno dalla casa editrice Feltrinelli di Milano.

L’ambiente è quello siciliano, quello della Palermo dei tempi moderni, i protagonisti sono ragazzi che frequentano la scuola o i primi anni di università. Tra questi c’è Valentina, la ragazza che è stata adottata da Paolo e Marion, marito e moglie, lei di origine francese, che godono di agiate condizioni economiche. Valentina è una ragazza molto bella e molto distinta, nel gruppo dei suoi amici è chiamata la “principessa”. E’ fidanzata con Alessio, anche lui di buona famiglia, i loro genitori si conoscevano da tempo.

Valentina sta per compiere diciotto anni mentre la scuola sta per finire. Ci si sta preparando, tra familiari ed amici, a festeggiare il suo compleanno. Molti sono i regali che riceverà, molti i biglietti di auguri ma tra questi le giungerà uno che le creerà dei problemi perché inviato da una persona anonima che dice di volerla incontrare per informarla sulla sua famiglia d’origine.

Da quel momento la situazione perderà i toni luminosi, effervescenti, solari che erano della vita di Valentina, dei suoi rapporti con i genitori propri, con quelli di Alessio e con gli amici. Da quel momento tra tanta luce compariranno delle ombre che si andranno sempre più addensando, che diventeranno sempre più minacciose, inquietanti. Non ci sarà più posto, nel romanzo, né per il presente, che era vissuto con felicità, né per il futuro, che appariva radioso. Solo del passato si tratterà, di quel passato triste, misero, disagiato, che era stato della vera famiglia di Valentina, dei suoi veri genitori. Quel biglietto anonimo innescherà un processo di riscoperta, di ricostruzione che si andrà sempre più estendendo e che porterà alla conoscenza di verità insospettate, alla rivelazione di segreti minacciosi. Tanto, molto c’era dietro Valentina, oltre al vero padre, alla vera madre, ai veri fratelli, c’erano altre persone, altre situazioni che facevano giungere quanto aveva fatto parte della sua storia, del suo passato ai tempi recenti, che collegavano la sua vita di allora con quella di adesso e che anche questa rendevano esposta ai pericoli che erano stati di quella.

Sempre più ampio diventerà, nell’opera, lo sguardo della scrittrice, sempre più elementi accoglierà la sua rappresentazione e sempre abile si mostrerà la sua scrittura nell’inserire le tante circostanze che emergeranno, che complicheranno la vita di Valentina fino al punto da farla sembrare un problema senza soluzione. In questo interminabile, instancabile procedere il linguaggio della Piccione, i suoi mezzi espressivi le permetteranno di essere sempre chiara, sempre sicura. Niente di quello che accade, all’esterno e all’interno dei suoi personaggi, trascura la scrittrice, tutto coglie e tutto espone con facilità, con semplicità. Anche quando dice di situazioni molto tese, di circostanze molto gravi, la sua scrittura rimane distesa, scorre, non s’interrompe, non cambia. Stempera la Piccione ogni travaglio, lo fa rientrare nel corso della vita, ne fa uno dei suoi aspetti tramite un linguaggio che aderisce tanto a quel che dice da diventare la sua voce. E’ un modo di scrivere eccezionale perché fa apparire naturale ogni vicenda o aspetto di essa, non fa distinguere tra la vita e l’opera, fa di questa l’interprete di quella, fa vedere la vita nei suoi innumerevoli aspetti, in tutto quanto le appartiene senza ridursi alla sua cronaca ma trasformandosi nella sua coscienza, mostrandosi capace, cioè, di giudicarla, di apprezzarla e anche di criticarla, di elogiarla e anche di accusarla.

Come nel caso della Valentina di quest’opera sempre la Piccione si metterà alla ricerca della verità, della giustizia perché sempre minacciate le vedrà dalla menzogna, dall’ingiustizia, sempre difenderà i diritti dei deboli, dei poveri dalle pretese dei forti, dei ricchi, sempre richiamerà ai principi, ai doveri dell’amore, del bene e non ci poteva essere insegnamento migliore del suo per i bambini ai quali in particolare si rivolge.

Antonio Stanca