Abe Kazushige, lo scrittore e l’interprete
di Antonio Stanca – Si chiama Abe Kazushige, è nato nel 1968 in una periferia del Giappone settentrionale e a diciassette anni si è trasferito a Tokio dove ha frequentato una scuola di cinema e corsi di cultura sperimentale. Intorno agli anni Novanta ha cominciato a scrivere romanzi nei quali si alternavano motivi, personaggi della modernità più avanzata ad altri di ambientazione rurale. Molti premi letterari ha vinto e insieme a pochi altri rientra tra i maggiori rappresentanti della narrativa giapponese contemporanea.
Un suo romanzo, Nipponia Nippon, del 2001 è stato ora ristampato dalla casa editrice E/O di Roma. La traduzione dal giapponese è di Gianluca Coci.
In quest’opera i tempi, i temi, le situazioni, i personaggi sono moderni, l’intera narrazione è impegnata a dire dell’adolescente Haruo, di quella che era stata la sua vita fino a diciassette anni.
Haruo è un ragazzo difficile, inquieto, solo era vissuto in casa e fuori. Un ambiente di provincia era stato il suo ed esposto si era visto all’ironia se non alle beffe dei suoi coetanei per i motivi più diversi, per come parlava, per cosa pensava e per tanti altri. Una situazione che era durata fino agli anni del liceo, fin quando aveva creduto di rifarsi di quanto subito tramite l’amicizia, l’affetto, l’amore per la bella coetanea e compagna di classe Sakura. Anche questa, però, si rivelerà un’esperienza negativa, anche questa lo esporrà allo scherno dei coetanei e per Sakura sarà la causa della sua morte per suicidio. Grave, gravissima era ormai diventata la situazione di Haruo nel suo paese. Ora aveva contro anche e soprattutto i genitori di Sakura. Ai suoi non rimaneva che fargli lasciare la scuola e allontanarlo. Lo manderanno a Tokyo, i rapporti con i genitori diventeranno inesistenti anche se grazie al loro regolare contributo potrà egli vivere nella capitale senza lavorare e stando in continuazione al computer nel monolocale che ha affittato. Lo stato di sconfitta, di solitudine si è ancor più aggravato, non è riuscito Haruo a vincerlo, a correggerlo, sono troppi i problemi che si porta addosso, troppe le pretese che avanza. E’ stato sempre così per lui, ha sempre pensato ad un gesto, ad un’azione esemplare che potesse riscattarlo da quella condizione di escluso, di deriso che era durata fino ad allora. Molto aveva fantasticato su un’azione simile ma ancora non era riuscito a darle una forma reale, a vederla in concreto, a valutarla, ad essere sicuro di poterla compiere, a stabilire dove, come, quando compierla.
Una volta a Tokyo, una volta rimasto ancor più solo, Haruo non finisce mai di pensare a come rifarsi, riscattarsi dalle tante offese, dalle tante pene che ha sofferto. Sempre ci pensa, quella dell’immaginazione è la sua attività preferita e a soccorrerlo in essa interviene l’uso continuo, indiscriminato di Internet. Sarà così che verrà a sapere che una particolare forma di uccello, l’Ibis crestato detto Nipponia Nippon, è diventata rara in Giappone nonostante costituisca il simbolo della nazione. I pochi esemplari ancora esistenti si trovano nell’oasi protetta dell’isola di Sadogashima. La notizia mette in moto la fantasia di Haruo, lo fa pensare senza alcuna interruzione a cosa potrebbe fare per distinguersi, per farsi notare tramite un gesto compiuto riguardo all’Ibis crestato, ai pochi esemplari che ancora ci sono. Liberarli dalle voliere dove sono rinchiusi a Sadogashima potrebbe riuscire un’azione capace di procurargli una fama senza precedenti, ma anche far finire, far morire quei pochi Ibis che ancora ci sono, farli passare alla leggenda, farli vivere nella memoria, nel ricordo potrebbe fare di Haruo un personaggio degno di nota, unico.
A lungo, sempre si dibatterà tra le due soluzioni di quello che per lui è diventato il “problema degli Ibis crestati”. Si organizzerà, si attrezzerà per arrivare alle loro gabbie ma una volta arrivato sarà scoperto dagli uomini del servizio di sorveglianza e immobilizzato e arrestato. Non aveva calcolato Haruo che tanta realtà c’è, esiste oltre la fantasia, che non nella fantasia si risolvono i problemi della realtà.
Uno scrittore che dedica un intero libro per rappresentare un caso simile mostra quanto importante sia per lui dire dei problemi dell’anima, quanto li conosca bene, come possa essere vista in quella di Haruo la figura di Kazushige, in quella dell’interprete la figura dello scrittore. Entrambi, Kazushige e Haruo, erano pervenuti dalla periferia nella capitale del Giappone, entrambi erano stati animati, sorretti da quell’immaginazione che se sarà fatale per uno diventerà motivo di scrittura per l’altro.
Antonio Stanca
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