Le meditazioni poetiche per la Via Crucis nella Parrocchia Santa Famiglia di Molfetta di Enzo Quarto
di Marcello Buttazzo –
Mercoledì 29 marzo, a Lequile, presso la Sala Refettorio del Convento dei frati francescani, s’è svolata la presentazione del libro “In verità vi dico” di Enzo Quarto e Vito Zaza. Dopo i saluti del sindaco Vincenzo Carlà, con don Andrea Zonno, parroco della Chiesa Santo Spirito di Lequile, abbiamo avuto la possibilità di dialogare con Enzo Quarto, scrittore e giornalista Rai, narratore e librettista. Già nel 1994, ha pubblicato il volume “Natale è…Gesù che nasce a Bari”, un libro denuncia sulla condizione dei bambini nei quartieri cosiddetti a rischio di devianza. Come librettista, dall’incontro con il compositore Giovanni Tamborrino sono nate due opere liriche. Ha debuttato nella narrativa con il romanzo “Le figlie di Federico” (inteso come Federico II di Svevia), edito da Besa (2004), e pubblicato anche in una edizione pensata per le scuole medie. In questi anni, ha scritto altri romanzi e libretti. Ricordiamo solo che ha ricevuto, tra gli altri, il Premio Sentinella del Creato 2013 a Trento, è stato Presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana di Puglia dal 2009 al 2015, ed è incaricato delle Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Pugliese.
Enzo Quarto ha parlato del suo libro “In Verità vi dico…”, meditazioni poetiche dalla Via Crucis nella Parrocchia Santa Famiglia di Molfetta, accompagnato dalle stupende formelle di Vito Zaza.
Il libro è pubblicato da Secop edizioni, nella Collana RiAnima. Lo scultore e pittore Vito Zaza è scomparso, a 74 anni, per un male incurabile, ed è stato un importante artista. Ha vinto numerosi concorsi nazionali e internazionali. Si sono occupati di lui numerosi critici d’arte. Alcune sue opere sono esposte nella Galleria d’Arte contemporanea del Museo diocesano di Molfetta. Dalla introduzione al libro di Don Pinuccio Magarelli, parroco Santa Famiglia di Molfetta, e dalla prefazione di Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani, si può desumere la figura illuminata, umana, ricca di grazia e di carismi di Vito Zaza, il quale, tra le altre cose, ha scolpito l’ambone per la Chiesa di San Bernardino, in Molfetta, negli anni Novanta. L’opera è la raffigurazione biblica dell’antico testamento.
Nella Comunità di San Pio X, si conserva un’altra bella Via Crucis del maestro. Qui c’è anche l’opera “Le Ampolle per gli Olii Santi”. Il manufatto porta incise nella carne viva dell’essenza lo stato d’animo di Zaza e le cicatrici della tragedia per l’inaspettata morte dei suoi due “angeli”, le figlie Mara e Diana. Anche il grande scultore ha dovuto traversare la sua Via Crucis. E, in questo libro poetico di Enzo Quarto, con le sue terracotte Zaza ha raffigurato in maniera lirica i vari episodi evangelici, le diverse stazioni.
Enzo Quarto dedica le sue meditazioni poetiche alla memoria di don Vito Marotta, sacerdote comunicatore, suo amico fraterno. Il libro è ulteriormente impreziosito dalla postfazione di Mimmo Muolo, vaticanista del quotidiano “Avvenire”. Dalle considerazioni in forma di distici, si comprende che le varie stazioni, ognuna delle quali si può fregiare d’una poesia di Quarto, sono adornate d’una luce fitta, intensa. In apertura, sono riportate le parole significative di Tonino Bello e Carlo Maria Martini.
Sosteneva don Tonino Bello: “La croce è per noi il ricordo della passione, morte e resurrezione del Signore nostro Gesù Cristo. Segno di dolore e di apparente sconfitta, ma è soprattutto segno di vittoria sul male e sulla morte, segno dell’amore di Gesù per noi”. Il mistero della croce esige pazienza e silenzio e, come afferma Carlo Maria Martini, “Gesù ama l’uomo così com’è, ama l’uomo col suo peccato, con la sua separazione da Dio, con la sua tragedia; l’uomo è amato da Gesù con il suo realismo più aspro, più duro da accettare”.
Leggendo i versi di Enzo Quarto e osservando le opere di Vito Zaza, si entra in contatto con una assoluta rivelazione: la Via della Croce barbaglia soprattutto di vita. La vita erompe in tanti lemmi del poeta. Soprattutto potremmo dire, come ha sostenuto Mimmo Muolo, che “questa Via Crucis è un inno alla Speranza, intesa non come vago sentimento di ottimismo, ma come virtù teologale e in definitiva certezza che in Cristo tutte le promesse si sono avverate”. Già nella II Stazione (L’Orto degli Ulivi), Gesù prega l’angelo affinché “senta forte il rifiorire delle radici secolari dell’ulivo sempreverde, nella roccia”. Di Speranza sono impregnati questi versi di fine lirismo, come quando nella VI Stazione (La Caduta), Enzo Quarto, a un certo punto, canta: “Cadere è fame d’amore, /a volte casuale, /ma con sé palesa/la richiesta di essere amati/consolati/aiutati/benedetti/”. O ancora la IX Stazione (Le Pie Donne), quando Quarto scrive: “Ecco, dunque,/ la responsabilità:/la gestazione di nuova vita/il compito di ricominciare/il pianto gravido/che diventa/sorgente/”. Uno dei segni distintivi della Croce è il dolore. La sofferenza del Cristo, che procede sulla strada della crocifissione, è la significanza del tortuoso e malagevole percorso terreno degli uomini, sospeso tra il male e la redenzione. Lo stile delle poesie di Enzo Quarto è lirico. C’è un incedere lineare, che prende il sopravvento. Lo scandaglio nelle sensazioni umane, nei sentimenti, nei vissuti, è profondo e analitico. Il libro è colloquiale. Nella III Stazione (Il Processo) e nella IV Stazione (La Condanna) ci sono, a tratti, sfumature di invettiva: “Eppure vi cerco/sacerdoti di falsa testimonianza/farisei dotti d’ipocrisia/”; “Sembriamo tanti Pilato, /indegni della responsabilità/di esseri umani,/.
Le meditazioni poetiche di Enzo Quarto ci trascinano su selciati di varia natura: passiamo dal dubbio e dal tradimento alla tentazione, fino all’ipocrisia, ai pregiudizi. Ci pare quasi di sentire, a un certo punto, il riverbero del rumore dei chiodi che trafiggono il corpo di Gesù. Ma è solo un attimo. Come sostiene Mimmo Muolo, in queste poesie emerge “miracolosamente” la mansione dell’amore. Nella VIII Stazione, il Cireneo, di nome Simone, portando la croce, fa un gesto umile, d’amore incondizionato. “Che ne facciamo/della nostra forza/se non è al servizio degli altri? /”. Il pianto delle pie donne non è solo dolore, è anche amore. C’è amore nella supplica del Buon Ladrone: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”: E amore fervente c’è nella risposta di Gesù: “In verità ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”. Nelle poesie di Enzo Quarto c’è, inoltre, una critica serrata alla odierna bulimica società dell’iperefficientismo. Per il poeta, l’io non è il centro, non è successo, non è potere. “Dinanzi alla morte l’io è noi”. L’amore, alfine, ci cinge e ci abbraccia. Arriva il tempo di lasciare la vita terrena, le fortune svaniscono. Non c’è amore nell’avere, nel possesso, nel dominio, nella superiorità. “Chi ha generato amore/chi ha conosciuto amore/chi non può/ che dare e cercare amore/”. L’amore è il collante che lega tutti gli umani, e ci proietta in una luce più radiante, oltre il nostro stretto giardino personale. “In Verità vi dico…” sono meditazioni attuali, che specialmente in questa contemporaneità ferita e avvilita, di sfrenato egoismo, di smodato egocentrismo, andrebbero lette con cura per dare una carezza alla nostra anima e a quella dei nostri simili.
Marcello Buttazzo
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.