Tondelli, 30 anni da CAMERE SEPARATE
di Stefano Minisgallo –
Trent’anni fa veniva pubblicata la prima edizione dell’ultimo romanzo di Tondelli prima della sua morte. Si tratta di un’opera di cui ha senso discutere ancora oggi e non solo alla luce del rinnovato interesse che Tondelli sta suscitando nella critica e in quel corpo amorfo che viene per comodità chiamato lettore, senza che sia mai ben chiarito il senso in cui viene intesa questa categoria.
Camere Separate è stato un libro che al momento della sua uscita non ha incontrato un grande favore della critica, in questo senso si è rivelata autoavverante la profezia dello stesso autore:
“il senso del romanzo non è rintracciabile nell’orizzonte della contemporaneità, ma solo dal taglio diacronico che attraversa e infila i vari sensi stratificati o sedimentati nel corso del tempo. Per sapere di cosa si tratta in realtà, bisogna aspettare che il romanzo scompaia dalla scena del chiacchiericcio dell’oggi, occorre attendere che la sua generazione invecchi, muoia e si consumi fino in fondo[1]”.
Tondelli si augura quindi che il romanzo si sottragga al discorso del suo tempo, che venga analizzato secondo una prospettiva diversa da quella che possono fornire i suoi contemporanei e si rivolga a chi si affaccerà al mondo successivamente.
L’autore di Altri Libertini non ha mai nascosto il suo debito nei confronti di Roland Barthes, un debito che emerge in maniera decisa in Camere Separate soprattutto nei confronti diFrammenti di un discorso amoroso che egli stesso aveva commentato così:
“Non si tratta di un manuale: non vi dirà come comportarvi né che cosa fare per togliervi dall’affanno e dall’ingombro di un abbandono… Roland Barthes vi darà comunque uno specchio bellissimo per riflettere, pensare, decidere, paragonare la vostra storia a quella di Werther o di un haiku giapponese[2]”
La storia d’amore di Leo e Thomas, la loro separazione e la morte di Thomas, con Leo che accorre al suo capezzale riprende ottimamente lo schema delle figure discorsive strutturato dal critico francese. Riprendendo in modo molto efficace proprio da Tondelli la definizione di fenomenologia dell’abbandono contenuta nel romanzo postumo L’Abbandono, il critico Roberto Carnero rintraccia all’interno dell’opera due diversi momenti di abbandono, il primo rappresentato dalla loro separazione, quando è Leo a interrompere la relazione e il secondo, quello terribile e devastante rappresentato dalla morte di Thomas. Entrambi i momenti afferiscono pienamente alla proposta barthesiana, particolarmente significativo ed emotivo risulta in questo senso l’incontro tra i due amanti quando Leo si reca in ospedale da Thomas. Barthes nella figura dedicata al corpo scrive: “il suo corpo era diviso, da una parte il corpo vero e proprio […] e dall’altra la sua voce, breve, rattenuta, soggetta ad accessi di lontananza[3]”, quando Leo si trova davanti Thomas ciò che vede è un corpo morente ed una voce flebile, ciò non gli impedisce di provare per quel corpo un’attrazione, tanto da volerlo toccare. Tondelli adotta come sempre la scelta di non dare uno sviluppo cronologico lineare alla narrazione e ricorre spesso al flashback, di modo da poter evidenziare sin da subito come l’incontro tra Leo e Thomas sia avvenuto a seguito della separazione tra Leo ed Hermann, che dalla breve descrizione tracciata ci permette di comprendere essere stata fino ad allora la relazione più importante dell’uomo.
In questo senso questo nuovo incontro si configura come una nuova tappa della vita di Leo, non è più un ragazzo, ma ormai un uomo, la relazione con Thomas è passionale ma anche molto più matura della precedente. Un ulteriore sviluppo si presenterà a Leo, suo malgrado, proprio a seguito della morte di Thomas. Il tema del corpo come descritto da Barthes permea fortemente la relazione tra i due uomini fin dal loro primo incontro, Tondelli descrive così una relazione passionale e totalizzante, che nella dimensione di quei due corpi che si incontrano e si toccano tra loro trova sin da subito una delle sue massime espressioni. Inizialmente anzi il loro rapporto sembra tendere ad escludere quasi del tutto la dimensione della parola:
“Le parole non sono contemplate in questo momento per entrambi primordiale, arcaico, in cui la vita chiama la vita attraverso la più profonda energia della specie. Le parole, nella loro sofisticatezza biologica, potrebbero solo confondere un momento che non si esprime attraverso alcun linguaggio se non quello, ficcato nel più profondo della corteccia cerebrale, della lotta per la vita[4]”
L’ingresso del linguaggio propriamente detto rappresenta una fase ulteriore di questa relazione, Leo e Thomas si conoscono e decidono di stare insieme, un rapporto che porta Leo a seguire il compagno in giro per l’Europa ma anche il momento in cui iniziano a sorgere nell’uomo i primi dubbi riguardo a ciò che sa o per meglio dire non sa riguardo a Thomas. L’amore fra i due si brucia abbastanza in fretta, sembra che la totalità che aveva assorbito entrambi ad un certo punto li ricacci fuori, tanto da portare Leo a decidere di concludere la relazione. La fine della relazione tra i due in realtà segna un nuovo inizio che definiscono appunto “camere separate”, si trattava sempre di un amore vero, ma ,colte le diverse visione dell’amore, si trattava di un rapporto nel quale entrambi si erano riappropriati di spazi che avevano perso quando avevano intrapreso il loro rapporto.
Naturalmente la seconda separazione è totalmente differente, quando è Leo ad essere abbandonato si tratta di un abbandono senza possibilità di ritorno, un dolore a cui si aggiunge – come sottolineato da Carnero – anche l’impossibilità sociale di elaborare quel lutto, alla luce di una realtà nella quale non esistono nemmeno parole che definiscono cosa sia stato Leo nella vita di Thomas e viceversa. Sarà solo al termine di una lunga serie di viaggi che lo riporteranno anche a casa, dove però non farà altro che acuire la sua solitudine e il suo senso di inadeguatezza verso quel piccolo paese di provincia, dove non poteva esibire il suo dolore che Leo familiarizzerà con l’idea del superamento del lutto: un processo che passa necessariamente da una socializzazione del dolore.
Quella fine così dolorosa lo porta quindi ad una nuova consapevolezza, anche verso sé stesso e il proprio corpo, nella quale riconoscerà di non incontrare più una relazione come quella con Thomas, ma che gli permetta comunque di venire fuori dalla solitudine nella quale si era recluso da sé.
Nelle ultime pagine del romanzo sembra così compiersi non solo il processo di maturazione del trentatreenne Leo ma anche quello del suo autore: anche Leo è uno scrittore, proprio in queste ultime pagine sembra prendere realmente coscienza di ciò che è, rispetto a sé stesso e nei confronti degli altri, così risulta splendidamente metaforico che sul traghetto che lo sta riportando in Italia dalla Grecia Leo sia l’unico seduto sulla panca di ferro con i giovani e sconosciuti compagni di viaggio che invece nel frattempo dispongono i sacchi a pelo per la notte. Nel percorso di accettazione di questa nuova maturità, quindi, non può che rientrare a pieno titolo la dimensione di scrittore, una dimensione in cui riesce ad accettare perfino la morte che quando arriverà gli farà rivedere gli occhi di Thomas e comprendere che non c’è null’altro da fare.
[1]E. Mondello, In principio fu Tondelli, Milano, Il Saggiatore, 2017
[2]P. V. Tondelli cit in IV di copertina, Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, trad. di Renzo Guideri, Torino, Einaudi, 2014
[3]Ibid.
[4]P. V. Tondelli, Camere Separate,Milano, Bompiani, 2016
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