di Antonio Stanca –

Konrad Lorenz, lo scienziato austriaco fondatore dell’etologia, è nato a Vienna nel 1903 ed è morto ad Altenberg nel 1989. Dal 1940 professore presso l’Università di Königsberg, dal 1950 direttore dell’Istituto di Fisiologia del comportamento nel Max-Planck-Institut di Seewiesen, nel 1973 Premio Nobel per la Medicina e dallo stesso anno, rientrato in Austria, direttore del reparto di Sociologia animale presso l’Accademia Austriaca delle Scienze, ha fatto conoscere i risultati del suo immenso lavoro di fisiologo, zoologo, psicologo e soprattutto etologo non tanto tramite scritti specifici quanto tramite le narrazioni, i romanzi, i racconti nei quali ha trasformato le sue scoperte, i suoi studi. Pure scrittore si è rivelato e molto apprezzato è stato come tale. Nota è la leggenda contenuta ne L’anello di Re Salomone del 1949 dove il problema dei rapporti, degli scambi tra l’uomo e gli animali diventa la possibilità di parlare con essi che un magico anello procura al Re Salomone.

Lorenz, per diventare etologo, ha studiato il comportamento degli animali, si è soffermato a distinguere quanto di esso è da attribuire alla loro natura, ai loro istinti primari e quanto è stato acquisito da quando sono venuti a contatto con l’uomo. Ha scoperto i tempi, i periodi durante i quali gli animali sono più propensi ad avvertire quel che giunge loro dall’esterno, ad accettare indicazioni, regole, sistemazioni che provengono dall’uomo o da altri fattori. Anche la psicologia umana ha studiato Lorenz e allarmanti sono stati i risultati ai quali è giunto perché hanno lasciato intravedere il pericolo di rovina, di estinzione che l’umanità moderna corre.

Per molti animali ha rilevato i segni di una crisi sopraggiunta con i tempi nuovi, con l’adattamento ad ambienti di vita completamente diversi da quelli che erano i loro, a sistemi, a modi di stare, di fare che non facevano parte della loro natura. Tra questi animali rientrano in particolare quelli rinchiusi nei giardini zoologici, quelli addestrati per gli spettacoli pubblici e quelli diventati domestici come il cane. A questo proposito nel 1950 Lorenz scrisse E l’uomo incontrò il cane che ora è stato un’altra volta ristampato dalla Adelphi di Milano con la traduzione di Amina Pandolfi. È un’altra opera dove nella maniera di un racconto facile, scorrevole dice dei suoi studi sul cane, sulla storia del cane, sul suo rapporto con l’uomo dalle origini alla difficile condizione che ora sta attraversando perché diventato, tra l’altro, animale oggetto di cure estetiche, protagonista di sfilate, di concorsi di bellezza. Sono tutti aspetti di una vita che non è sua, che non appartiene al suo corpo,alla sua mente. Che il cane sia stato addomesticato, che si sia ottenuto tanto è da considerare una conquista importante se si tiene conto che la sua origine risale al lupo o allo sciacallo, ad animali, cioè, completamente liberi, selvaggi, pericolosi. Ma che lo si voglia rendere un campione di bellezza non può che fargli perdere quanto acquisito nel processo di familiarizzazione con l’uomo, non può che confonderlo, stordirlo. Non gli fa capire bene cosa deve fare, dove si trova, cosa lo aspetta.

Prima, però, di arrivare a queste situazioni e alle relative considerazioni Lorenz, nel suo breve volume, ripercorre la storia del cane. Dice tutto quanto ha fatto e fa parte di questo animale, della sua vita. Gli riconosce buone, ottime capacità di resistenza e di apprendimento. Lo mostra capace di formarsi, educarsi, di accettare, seguire stimoli esterni, di diventare, come è successo, il migliore amico dell’uomo fino al punto da stare con lui nella sua casa.

Due sono le provenienze del cane, il lupo o lo sciacallo, e ben distinguibili risultano nei suoi caratteri somatici e nel suo comportamento. Le due razze col tempo si sono incrociate e ne sono derivati esemplari migliori o peggiori. Tanti sono ormai questi da essere divenuto difficile risalire con chiarezza alla loro vera provenienza o alla loro trasformazione.

Suggestiva, affascinante nel Lorenz di questo libro è la sua capacità di fare un racconto di quanto è avvenuto tra l’uomo e il cane dall’età della pietra ad oggi. Ci sono stati anche incidenti di percorso, scontri tra i due ma questo non ha interrotto la loro combinazione.

Nell’opera l’autore dice pure di sé, della sua diretta esperienza con questi animali, di quelli da lui allevati, addestrati, tenuti in casa, dei rapporti tra loro ed i suoi bambini, i suoi vicini, di tutto quanto ha fatto parte della sua vita con i cani e gli ha permesso di riuscire meglio nel suo lavoro di studioso, nelle sue osservazioni, nelle sue riflessioni. Queste attraversano il libro senza, però, disturbare il suo scorrere amabile, sereno, quello che lo fa sembrare appunto un racconto non un trattato di etologia o di zoofilia.
È il modo col quale Lorenz ha diffuso la conoscenza delle sue scoperte, i risultati dei suoi studi. Scrittore è stato oltre che scienziato, in racconti ha trasformato la sua scienza perché così, ha pensato, sarebbe stato più facile farla capire, farla conoscere.

Antonio Stanca